L’Europa in quarantena si rifugia nello streaming, Netflix e altri servizi abbassano il bitrate per evitare il down

L’Europa in quarantena si rifugia nello streaming, Netflix e altri servizi abbassano il bitrate per evitare il down

Con un intero continente ristretto all’interno delle mura domestiche in virtù della quarantena imposta dai vari Paesi, aumenta sensibilmente il consumo della banda larga dagli utenti di Internet.

Tra le ragioni di questo sovraccarico delle reti la necessità, da parte di molti, di lavorare da casa in modalità smart working e della fruizione di contenuti di intrattenimento per trascorrere il periodo di “clausura” forzata da soli o in compagnia dei familiari, rendendo queste settimane meno gravose.

Particolarmente interessati da questo fenomeno sono, in questi giorni, quei servizi di streaming e video sharing che hanno conosciuto una domanda sempre maggiore e che costituiscono una fetta importante del traffico web. Secondo i dati contenuti nel Global Internet Phenomena Report di ottobre 2018, il consumo di servizi video rappresenterebbe addirittura il 57,69% del volume di tutti dati scaricati da Internet a livello mondiale.

Tuttavia, in questa situazione di iperconnessione, più dati si consumano e più sono le possibilità che Internet non riesca a sopportare la mole di traffico da soddisfare, andando improvvisamente in down. Come sopperire al problema? La soluzione, dopo attente valutazioni, sembra essere soltanto una: quella della diminuzione del bitrate.

In parole povere, a partire dalla seconda metà di marzo si è ritenuto necessario abbassare la quantità dei dati digitali trasmessi in un determinato lasso di tempo. In maniera concorde, dunque, i colossi del web hanno deciso di assecondare la richiesta, adattandosi in tempo.

Netflix, gigante californiano della distribuzione di contenuti in streaming che da solo “rosicchierebbe” il 14,97% dell’intero volume di dati scaricati dal web, ha comunicato con un annuncio pubblicato sul suo media center di aver ridotto del 25% l’utilizzo della banda in tutta Europa.

Una scelta che comporterà una leggera diminuzione della qualità video, senza però incidere eccessivamente sui prodotti acquistati dagli utenti. Discorso simile anche per YouTube che, alla luce del suo 11,35% di volume dati certificato un anno e mezzo fa, ha apportato importanti modifiche.

La piattaforma, con la pubblicazione di un aggiornamento nella sua guida effettuato lo scorso 24 marzo, ha annunciato di aver impostato deliberatamente tutti i suoi video sulla definizione standard SD prima nell’Unione Europea, nel Regno Unito e in Svizzera e, successivamente, a tutto il mondo.

Gli utenti del più famoso sito al mondo di videosharing potranno comunque impostare la qualità video in maniera manuale. Provvedimento simile a quello adottato dal servizio Disney+, fresco di arrivo in Italia. Il “downgrade” non risparmia nemmeno i principali social network, con i frequentatissimi Facebook e Instagram che hanno deciso anch’essi di ridurre la qualità dei video e delle dirette.

Per gli amanti dell’alta definizione, comunque, non c’è molto di cui preoccuparsi. Come promesso dalle varie piattaforme, l’esperienza visiva non subirà enormi variazioni e le differenze saranno pressoché minime, se non addirittura impercettibili.

Immagine di repertorio