Cos’è la “gaming addiction”?

Cos’è la “gaming addiction”?

Nel 2018 la “dipendenza da videogiochi” verrà inserita tra le nuove patologie psichiatriche. A dirlo è l’OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità) che, tramite il suo sito, ha reso noti gli aggiornamenti dell’undicesima International Classification of Diseases, la lista transcontinentale delle patologie psichiatriche relativa a problemi di tipo comportamentale, non aggiornata dal 1992.

Sul sito dell’OMS si legge: «La “gaming addiction” è talmente grave da danneggiare alcune aree del cervello come quella personale, familiare, sociale, educativa e lavorativa», ma come riconoscerla? Prima di tutto il disturbo, affinché venga diagnosticato, deve protrarsi per un periodo di tempo più lungo di 12 mesi e rappresentare un vero e proprio pericolo per la salute del videogiocatore, campanelli d’allarme possono essere: smettere di mangiare, bere e dormire e l’ipercontrollo sul gioco; in secondo luogo il continuo bisogno di acquistare giochi e consolle è di per sé già un segnale che qualcosa non va.

Giappone, Cina e Corea del Sud sembrano essere i Paesi più colpiti da tale disturbo ed è proprio in Corea che, a partire dal 2011, è stata introdotta una legge che vieta di giocare da mezzanotte fino alle sei del mattino, pena una multa salatissima. In Cina, invece, il colosso locale di Internet, Tencent, ha bloccato l’accesso ai giochi per minori in determinate fasce orarie.

«Quindi se gioco troppo ai videogame – ha chiesto Danny Vercetti, videogamer incallito ed esperto di marketing – sono un malato mentale? Beh, se le cose stanno così grazie per aver fatto diventare “più figo” un pensiero di tanti giocatori. Ora nessuno potrà più dire che videogiocare sia solo una perdita di tempo».