Lo screening del diabete mellito tipo 2

Lo screening del diabete mellito tipo 2

Massimo Buscema

Negli ultimi anni, è sempre più utilizzato il termine pandemia per descrivere l’imponente incremento della prevalenza del diabete nella popolazione mondiale. 

Pertanto è molto acceso il dibattito sull’utilità e sulle modalità di attuazione dei programmi di screening del diabete.

Esistono molteplici evidenze che dimostrano l’efficacia di un intervento farmacologico o sullo stile di vita nel prevenire l’evoluzione del diabete e delle sue complicanze. Le evidenze di cui si dispone a tutt’oggi non giustificano uno screening di massa; la strategia raccomandata è quella di uno screening mirato su sottogruppi a rischio elevato di diabete.

Soggetti ad alto rischio di diabete, BMI ≥ 25 kg/m2 + una o più tra le seguenti condizioni

– inattività fisica;
– familiarità di primo grado per diabete tipo 2 (genitori, fratelli);
– appartenenza a gruppo etnico ad alto rischio;
– ipertensione arteriosa (≥ 140/90 mmHg) o terapia anti-ipertensiva in atto;
– bassi livelli di colesterolo HDL (< 35 mg/dL) e/o elevati valori di trigliceridi (> 250 mg/dL);
– evidenza clinica di malattie cardiovascolari;
– HbA1c ≥ 39 mmol/mol (5.7%), IGT o IFG in un precedente test di screening;
– nella donna: parto di un neonato di peso > 4 kg o pregresso diabete gestazionale, sindrome dell’ovaio policistico o altre condizioni di insulino-resistenza come l’acanthosis nigricans.

In assenza del criterio precedente lo screening dovrebbe iniziare all’età di 45 anni

Ragazzi/e di età > 10 anni (o all’inizio della pubertà se questa accade a un’età più giovane) con sovrappeso (BMI > 85° percentile per età e sesso, peso per altezza > 85° percentile, o peso > 120% del peso ideale per l’altezza) + due dei seguenti fattori di rischio:
– familiarità di primo o secondo grado per diabete tipo 2;
– appartenenza a gruppo etnico ad alto rischio;
– segni di insulino-resistenza o condizioni associate a insulino-resistenza (acanthosis nigricans, ipertensione, dislipidemia, sindrome dell’ovaio policistico, peso alla nascita basso per l’età gestazionale);
– storia materna di diabete o diabete gestazionale

 Per quanto concerne gli intervalli di screening non c’è uniformità di pensiero. Viene generalmente ritenuto congruo un periodo di tre anni per ripetere il test di screening dopo un primo test risultato negativo in un soggetto a rischio

Lo screening rappresenta quindi uno strumento in grado di individuare i pazienti con diabete mellito in fase “precoce” e pertanto di avviare tempestivamente un intervento farmacologico e sullo stile di vita in grado di rallentare la progressione della patologia.