Musica: l’anima di Sergio Cammariere

Musica: l’anima di Sergio Cammariere

C’è una cosa che da bambina mi ha sempre affascinato: il vento. Ricordo che ero solita chiudere gli occhi, non appena ne percepivo la presenza e ascoltavo come estasiata ogni suo sussurro come se mi volesse raccontare una storia lontana, lontana. Ogni qualvolta mi chiedevo da dove arrivasse, chi avesse incontrato nel proprio sentiero e chissà poi perché aveva deciso di stare lì, accanto a me.

Anche lui era arrivato accompagnato da un leggero vento estivo la sera del 5 agosto. Era lì quando è salito sul palco e il tempo è stato scandito dal clap clap delle mani del pubblico in delirio. Era lì quando nell’incantevole scenario dell’anfiteatro Falcone-Borsellino di Zafferana, le sue lunghe dita hanno iniziato ad accarezzare le corde del pianoforte, che il vento portava con sè in una danza magica e mistica.

Sergio Cammariere era arrivato così, con il suo di vento, quello stesso che ha più volte citato nei suoi brani. Cugino del cantautore Rino Gaetano, Sergio nasce a Crotone il 15 novembre del 1960 e sa di avere il talento di dare voce all’anima del pianoforte. Accompagnato da un gruppo di musicisti, oggi riconosciuti nell’ambito del grande jazz italiano, Sergio Cammariere inizia così la sua tourneè con l’album che gli ha fatto vincere diversi premi, tra cui la prestigiosa targa Tenco 2002 come “migliore opera prima” per “Dalla pace del mare lontano”.

Il pubblico viene subito inghiottito da un vorticoso sound di batteria, di violini, di percussioni e dalla maestria di un Sergio Cammariere che danza con il suo pianoforte: il loro è un indissolubile legame. Le note musicali volano sotto l’incantevole scenario del teatro, e cullate dalla luna sotto il cielo trapuntato di stelle, renderanno indimenticabile quella notte: ”…e così un giorno a camminare su questa terra sotto a un sole avaro, per un cuore che sembrava dolce e si è scoperto amaro, ma è solo un’eco nel vento, nel vento che mi risponde, venga la pace del mare lontano, venga il silenzio delle onde…”.

L’incalzante ritmo jazz del brano “Tempo perduto” ci riporta alla realtà “dove tutto il resto sembra càos, sembra niente…” e tutto diventa una sola cosa fondendosi con la musica che come una melodia ipnotica, sembra regalarci momenti di spensieratezza eterna. Brani come “Canto nel vento”, ”Per ricordarmi di te”, l’assolo “Vita d’artista”, ”Libero nell’aria”, ”Spiagge lontane”, facenti parte dell’album “Sul sentiero” del 2004, tratteggiano una sensibilità unica, autentica di un artista che certamente è riuscito a farsi strada da solo in un pubblico d’èlite che lo segue e che ha compreso la sua musica, arrivando al suo cuore come un balsamo miracoloso pronto a scaldare corpo e anima.

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Dal primo accenno di nota si ha già la certezza che l’ultimo brano della scaletta è quello presentato al festival di Sanremo nel 2003. “Tutto quello che un uomo” è una chiara e forte dichiarazione d’amore che non conosce tempo, che va oltre, là dove persino l’eterno si commuove al sentimento dell’amore come unico e solo rimedio ai mali di un mondo fatto di umani e forse di qualcosa di più.