Il caso delle etichette alimentari adesso diventa obbligo: ecco cosa bisognerà indicare

È di qualche giorno fa la notizia del provvedimento approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri circa l’obbligo di indicare lo stabilimento di produzione in etichetta.

Ciò evoca una più generale questione concernente le informazioni obbligatorie delle etichettature degli alimenti, la cui lettura e comprensione costituiscono il primo passo per fare scelte di vita più sane e consapevoli.

L’etichetta di per sé rappresenta lo strumento attraverso cui si forniscono al consumatore, soggetto ontologicamente debole sul mercato, le indicazioni nutrizionali del prodotto. La disciplina, di matrice europea, ha visto con il Regolamento (UE) 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, un aggiornamento e una semplificazione delle norme precedenti in materia, al fine di realizzare chiarezza e trasparenza delle informazioni fornite al consumatore stesso.

Ecco quali sono le indicazioni obbligatorie, da riportare in modo chiaro e leggibile:

la denominazione dell’alimento, in particolare lo stato fisico nel quale si trova il prodotto o lo specifico trattamento che ha subito;

l’elenco degli ingredienti, ossia l’elenco di tutte le sostanze impiegate nella produzione, con un’attenzione specifica per gli allergeni, i quali devono essere evidenziati; la durabilità del prodotto, e quindi la data di scadenza o il termine minimo di conservazione;

le condizioni di conservazione, volte a consentire una conservazione ed un uso adeguato degli alimenti dopo l’apertura della confezione;

il paese d’origine e il luogo di provenienza;

la dichiarazione nutrizionale, ossia il valore energetico, i grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine, sale.

Tali obblighi si estendono a tutti i prodotti destinati al consumatore finale. È interessante in materia la sentenza della Cassazione civile, sez. VI, 16/09/2016 n. 18171, per la quale si ritiene che anche il distributore, quale protagonista finale della filiera produttiva, destinato a relazionarsi direttamente con il consumatore, debba garantire che, tra le altre cose, l’etichetta riporti le informazioni prescritte dalla legge.

La ratio sottesa ad una decisione di tale sorta è da ravvisare nell’esigenza di tutelare i consumatori e il buon andamento del mercato, attribuendo anche al distributore, e non solo al produttore, una responsabilità in materia, sottolineando il ruolo protettivo della disciplina volta a garantire la piena autodeterminazione del consumatore. Sotto altro profilo, la giurisprudenza di merito – in particolare, Tribunale di Bari, sez. III, 07/03/2017 – ha avuto modo di soffermarsi sull’etichettatura alimentare, riprendendo quanto previsto dalla l.n. 4 del 2011, la quale prevede che “al fine di assicurare ai consumatori una completa e corretta informazione sulle caratteristiche dei prodotti alimentari commercializzati, trasformati, parzialmente trasformati o non trasformati, nonché al fine di rafforzare la prevenzione e la repressione delle frodi alimentari” (…) è obbligatorio (…) riportare dell’etichettatura di tali prodotti (…) l’indicazione del luogo d’origine o di provenienza e dell’eventuale utilizzazione di ingredienti in cui vi sia presenza di organismi geneticamente modificati (…)”.

È da aggiungere che nel caso di violazioni sulle regole previste in materia di etichettatura alimentare spetterà all’Ispettorato centrale repressioni frodi irrogare sanzioni amministrative pecuniarie, in quanto si tratta di violazione sulla correttezza commerciale (Cass.civ, sez. II, 11/08/2016 n. 17028).

Questa in termini generali il tema dell’etichettatura alimentare, arricchita dal dato introdotto la settimana scorsa – e riprendendo la notizia poc’anzi accennata – ossia il nuovo obbligo di indicare in etichetta anche lo stabilimento di produzione; obbligo reintrodotto in Italia, a seguito della sua abrogazione con il Reg. del 2011, con il quale era solo imposto l’obbligo di indicare il responsabile legale del marchio, cosa che non serviva ad identificare con esattezza la fabbrica nella quale fosse stato elaborato il prodotto.

Avv. Claudia Cassella del foro di Catania