L’arrivo della Pasqua nelle case siciliane coincide con la riscoperta di numerose tradizioni, specialmente nell’ambito culinario. Sulle tavole locali sono tanti i prodotti del periodo che iniziano a farsi spazio e tra questi, in particolar modo nella città di Catania e nell’hinterland etneo, non puo’ certamente mancare la classica “cuddura“, conosciuta anche con il nome di “aceddu cu l’ovu“.
Questo dolce tipico, preparato e consumato anche al di là dei confini siciliani – chiedete informazioni ad un calabrese od un pugliese – rappresenta un must delle ricette pasquali che si tramanda di generazione in generazione, addirittura fin dall’epoca delle colonizzazioni greca e romana.
Il suo nome originale, infatti, è propriamente di origine ellenica. Al tempo era conosciuto con il termine κολλύρα – kollura – e nella sua traduzione significava appunto “corona” per rievocare la sua particolare forma. Tuttavia, al giorno d’oggi ne esistono disparate varianti a seconda del significato che le si vuole attribuire.
In passato, regalare ai propri cari una cuddura poteva indicare un gesto di rispetto in cambio di un favore, così come donarne una a forma di cuore alla propria dolce metà significava un gesto di amore incondizionato. In quel caso l’amato avrebbe dovuto ricambiare, secondo tradizione, un dolce a forma di agnellino.
La più comune che viene preparata nei panifici, nelle pasticcerie e nei forni casarecci è certamente quella a forma di ciambella intrecciata e completata dalla presenza di uova fornite di guscio.
Il termine “aceddu cu l’ovu“, diffuso in particolar modo nel catanese, è utilizzato per indicare l’alternativa forma di uccello che ricorda in particolare l’aspetto di una colomba con un uovo incastonato al centro e arricchita da piccole decorazioni di zucchero. Tale scelta, infatti, intende rappresentare in senso cristiano la resurrezione di Cristo.