Difesa prodotti nostrani, Pappalardo: “I danni che ha causato il Ceta sono enormi”

Difesa prodotti nostrani, Pappalardo: “I danni che ha causato il Ceta sono enormi”

CATANIA – Tante volte andiamo al supermercato, prendiamo arance, fichi d’India o pomodori e leggiamo la scritta Made in Sicily, ma non sappiamo se ciò sia vero. Da qui nascono tantissimi equivoci, che portano a pensare da quale luogo proviene realmente il prodotto e per quale motivo venga spacciato per nostrano.

I vari accordi tra le nazioni sul libero scambio hanno portato a un giro non indifferente di merce agricola, tra cui il grano, sotto forma di falso made in Italy o Sicily. Per la nostra isola la questione assume grande importanza anche riguardo al guadagno per il produttore e allo stato dei terreni coltivati, soprattutto nella zona sud-orientale, dove sono presenti molti agrumeti.

Nei giorni scorsi il vicepresidente del Governo, Luigi Di Maio, durante il suo tour siciliano, ha incontrato gli agricoltori a Caltanissetta soffermandosi, oltre che sul rilancio dell’agricoltura, anche sulla difesa dei prodotti nostrani, definendo l’isola un motore per la ripresa del settore primario del paese. 

Per conoscere meglio lo stato attuale di ciò che riguarda i prodotti agricoli della nostra terra, ai microfoni di Newsicilia, è intervenuto il presidente regionale Agrimercati Sicilia Coldiretti, Giovanni Pappalardo, che parte sottolineando come le ultime parole dei due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio lascino ben sperare per il futuro della nostra isola.

“Sono state parole di buon senso – commenta Pappalardo – per il rilancio dell’agricoltura in Sicilia e del made in Italy perché hanno compreso l’importanza di un settore strategico. Entrambi non vogliono ratificare il Ceta, l’accordo Europa-Canada, che per l’agroalimentare comporta danni enormi. I dati parlano chiaro e le importazioni di prodotti sotto forma di falso made In Italy sono aumentate. Sono intenzionati anche a rivedere gli accordi che riguardano l’agricoltura, come quello con la Tunisia per l’olio o quello con Egitto e Marocco per le arance, che senza una regolamentazione comportano effetti negativi. Alcuni casi dimostrano come dietro questi meccanismi ci possa essere il rischio di frodi alimentari”.

L’attenzione a ciò è sempre vigile da parte delle associazioni dei consumatori, ma spesso il prodotto di provenienza esterna alla Comunità Europea si mescola con quello interno ed è difficile eseguire controlli.

“Purtroppo è impossibile – continua Pappalardo – poter controllare tutti i prodotti che entrano nel nostro paese, anche perché c’è la libera circolazione tra i paesi comunitari. Mentre l’Italia è una nazione sicura da questo punto di vista, negli altri paesi il prodotto estero si mescola a quello europeo e passa più facilmente. Un solo paese che non vuole ratificare il Ceta, al quale noi ci siamo sempre opposti, è sufficiente affinché esso non venga applicato, mentre i trattati coi paesi africani invece sono in vigore da diversi anni. Il problema è capire la provenienza dei prodotti e per molti di essi, come i derivati degli agrumi, mancano gli ingredienti nell’etichetta. La concorrenza sleale va combattuta non firmando più trattati come in passato, contrastando la contraffazione e regolando gli scambi, anche perché molti prodotti fitosanitari permessi in paesi extra Ue, dove ci sono anche costi di manodopera più bassi, qui non sono consentiti e un concorrente prevale su un altro”. 

Riguardo ai prezzi e ai guadagni per il produttore i prodotti di eccellenza richiedono somme maggiori, ma le speculazioni in ciò non mancano. La tutela del consumatore attraverso le iniziative e le indicazioni geografiche protette va avanti, così come la battaglia contro il glifosate, sostanza recentemente sponsorizzata da altre associazioni, ma anche contrastata con un sit-in qualche settimana fa.

“I prodotti d’eccellenza hanno costi maggiori – conclude Pappalardo –. Il problema all’interno della filiera è il divario tra ciò che spende il consumatore e ciò che guadagna il produttore, e tutto questo a causa di certe speculazioni. Ci vuole trasparenza per capire se qualcuno fa il furbo. L’obiettivo di Campagna amica è far capire al consumatore che il prodotto è nostrano e i marchi Igp sono di grande aiuto in tutto questo. Il grano canadese, anch’esso nella fase di essiccazione è trattato col glifosate, che sappiamo quanto è cancerogeno”.