Neumorfismo, il nuovo stile grafico che ci traghetterà negli anni ‘20

Se parliamo di neumorfismo è impossibile non tirare in ballo Apple. Tutto cominciò con il lancio dell’iPhone nel lontano 2007. A quei tempi iOS aveva un’interfaccia “scheumorfica”, voluta da Steve Jobs e Scott Forstall. La parola scheumorfismo deriva dal greco antico ed è la crasi di σκεῦος (skéuos), cioè contenitore o attrezzo, e μορφή (morphḗ), forma. Lo scheumorfismo, quindi, altro non era che un’interfaccia o meglio uno stile grafica/o i cui elementi cercavano di apparire quanto più simili ai materiali reali. Con la morte di Jobs nel 2011 e l’avvento di Jonathan Ive come designer grafico al posto di Forstall le cose, come sappiamo, sono poi cambiate. A partire da iOS 7 (rilasciato nel 2013), lo scheumorfismo è stato abbandonato in favore di un design “flat”, piatto, più simile al fluent design Microsoft caratterizzato da un eccessivo minimalismo. Eppure Ive descrisse la trasformazione come «una bellezza profonda e duratura nella semplicità». Oggi, a distanza di 7 anni e dopo l’uscita di scena di Ive nel 2019, si torna a parlare di morfismo in una nuova accezione. Il “neuomorfismo”, ovvero lo scheumorfismo in chiave anni ‘20, riporta in auge il vecchio concetto di tridimensionalità, ma con l’aggiunta di trasparenze, illuminazione dinamica e ombre. Un esempio lo possiamo già ammirare nella nuova interfaccia di macOS Big Sur, decisamente più “neumorfica” rispetto alle precedenti. Essa si distingue per:

  • l’utilizzo di una palette di colori chiari con pochi contrasti;
  • l’uso di una luce “radente” per conferire agli oggetti un’apparente tridimensionalità;
  • la presenza di forme geometriche ben definite.

Il neumorfismo si presenta, altresì, come una novità, un rinnovamento dello stile; pur rimanendo minimal gli oggetti digitali riacquistano una loro tridimensionalità, anche se stavolta più “soft”, e ora entrano in relazione gli uni con gli altri.

Si tratta, tuttavia, di una simulazione altamente complessa, impossibile per i computer dei primi anni 2000 e inadatta, ancora oggi, a macchine poco prestanti. Ecco perché, in realtà, il neumorfismo si ben accoppia al SoC M1, uno fra i pochi in grado di gestirlo degnamente.

Nel mondo iOS implementare il neumorfismo sarà una sfida, ma siamo sicuri che Apple ci stia già lavorando; nel mondo Mac, invece, la rivoluzione è già iniziata.

Alberto Molino

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