Sviluppato alla Stanford University il software MindWriting è in grado di decodificare le informazioni del cervello e tradurle in parole digitali.
«Il nostro approccio – afferma Jaimie Henderson, docente di Neurochirurgia presso la Stanford University, sulla rivista Nature – ha permesso a una persona paralizzata di ricopiare un testo a una velocità di circa 18 parole al minuto, una rapidità quasi paragonabile a quella caratteristica di individui normodotati della stessa età, che è di circa 23 parole al minuto».
L’esperimento, condotto su un uomo di 46 anni che nel 2007 aveva perso la mobilità di ogni parte del corpo al di sotto del collo, è stato reso possibile grazie a due chip impiantati nel lobo prefrontale sinistro. Gli algoritmi della brain computer interface (BCI) o interfaccia neurale, elaborati al Neural Prosthetics Translational Lab della Stanford University, hanno quindi decodificato i segnali ricevuti dall’uomo e ipotizzato il movimento della mano su carta.
Come si legge su la Repubblica: «Il cervello – aggiunge Frank Willett, ricercatore all’Howard Hughes Medical Institute – conserva la capacità d’indirizzare movimenti fino a un decennio dopo che il corpo ha perso la capacità di eseguire quelle azioni. Sappiamo inoltre che i movimenti intenzionali complicati che implicano movimenti rapidi e veloci, come la scrittura a mano, possono essere interpretati in modo relativamente semplice ed efficiente dagli algoritmi d’intelligenza artificiale».
Il tasso di errore nella trascrizione delle frasi era 1 ogni 18,5 caratteri. Utilizzando una funzione di correzione automatica, al pari di quella presente negli smartphone, si è in pratica riusciti ad aggirarlo. «Questi tassi sono piuttosto bassi rispetto ad altre BCI – conclude Krishna Shenoy, altra docente della Stanford University – perciò speriamo che il nostro lavoro possa rappresentare una speranza per i pazienti immobilizzati, in modo che possano comunicare in modo più efficace».