AUGUSTA – Un monumento, un vero e proprio esempio di archeologia industriale che campeggia sulla rada del golfo, ergendosi quasi a suo simbolo. Il parco Hangar per dirigibili di Augusta, nel Siracusano, è un esempio di tutto questo. Costruito tra il 1917 e il 1920, fu strutturato inizialmente come aeroscalo per contrastare i sottomarini austriaci e nel 1926 divenne idroscalo per idrovolanti, ospitando anche officine e magazzini.
Durante il secondo conflitto mondiale ha resistito e non è stato oggetto di bombardamenti, mentre nel dopoguerra l’area fu utilizzata come base per gli elicotteri della guardia di finanza per contrastare il fenomeno del contrabbando nel porto cittadino. Tutto questo fino al 22 febbraio 1991, quando il quartier generale delle Fiamme Gialle è stato trasferito a Catania. Da allora è stata abbandonata al degrado, diventando luogo di incendi e oggetto di atti di vandalismo.
A partire dal 2004 fu preso in gestione dal Comune di Augusta e nel periodo tra il 2010 e il 2012 fu utilizzato per manifestazioni, iniziative e altre occasioni di aggregazione tra le persone, con spazi verdi e aree giochi per bambini. Poi il 25 marzo 2016 arrivò una prima ordinanza da parte del Comune, che su sollecitazione dei vigili del fuoco di Siracusa, ordinò l’interdizione di tutti 32 ettari, malgrado negli anni precedenti furono portati lavori di manutenzione e consolidamento statico.
Il 26 maggio 2017 arrivò una seconda ordinanza, che limitò la chiusura all’area dell’aeroscalo, degli edifici di pertinenza e del piano di manovra per dirigibili, che si trova sul pianoro. Attualmente è di proprietà del Demanio, per 6 ettari, e della Marina Militare per il resto. Nel 2002 è nato l’Hangar Team Augusta, un’associazione di volontari che si occupa di preservare questo splendido luogo, ricco di importanza storica e culturale, e che adesso chiede una revoca delle ordinanze emesse dal Comune per una totale fruizione dell’area da parte dei cittadini augustani e non solo. A questo scopo a maggio è partita anche una raccolta firme, che continuerà per tutto il periodo estivo.
Un’idea di tutto questo ce la dà il presidente dell’Hangar Team Ilario Saccomanno, che parte da alcuni particolari riguardanti la sua storia.
“Si tratta dell’unico Hangar per dirigibili in cemento armato – spiega Saccomanno – avviato nel 1917 per fronteggiare i sottomarini austriaci durante la prima guerra mondiale, ma completato il 25 novembre 1920 e progettato dall’ingegnere Garboli, che costruì anche la città di Latina. Ospitava due dirigibili, uno S di 5 mila metri cubi e uno M2 di 7 mila metri cubi. Sei anni dopo da aeroscalo divenne idroscalo per idrovolanti e si estese per i 32 ettari attuali. Durante la seconda guerra mondiale ha resistito, poi fu preso dalle Fiamme Gialle, nel 1987 fu dichiarato dalla Regione Monumento di interesse culturale, fino al ’91, quando cadde in abbandono. Dal 2010 al 2012 fu aperto al pubblico per eventi importanti, come la Festa dell’aria. Negli ultimi due anni sono state emesse due ordinanze di chiusura, dapprima per intero e poi limitata ai 20 ettari dell’aeroscalo, nonostante i lavori di consolidamento delle strutture statiche”.
La raccolta firme ha non solo lo scopo di portare alla revoca delle ordinanze comunali, ma anche quello di inserire il parco Hangar tra i siti Unesco.
“La raccolta firme è partita a maggio con un banchetto in piazza Duomo – continua Saccomanno – e continueremo a farla per tutta l’estate. Nel 2012 fu sciolto il consiglio comunale e il parco fu chiuso, nel 2014 fu fatto un avviso pubblico per la gestione, mai ascoltato, fino alle due ordinanze. Inoltre nel 2015 fu fatta un’istanza di restituzione al demanio, per dare alla città uno sbocco al mare. Noi abbiamo fatto un ricorso al prefetto contro il decreto 3028 della Regione, che ha portato alla seconda ordinanza, perché si potevano interdire solo le parti inagibili e non 20 ettari. Chiediamo la revoca e l’emissione di una nuova che recinga solo la parte monumentale nel raggio di una cinquantina di metri e che porti a una pubblica fruizione. Dopodiché il Comune e la Regione potranno occuparsi di inserirlo tra i siti Unesco, in quanto esempio di archeologia industriale”.
Infine, sono arrivati anche gli apprezzamenti dell’assessore regionale ai Beni Culturali, Sebastiano Tusa, che “ha detto – conclude Saccomanno – che è necessario occuparsi di questo bene che non può essere abbandonato. Siamo rimasti che una strada praticabile è il passaggio dal demanio al patrimonio regionale”.