Nessuna sentenza per la morte del paracadutista siciliano Scieri: la Corte vuole sentire altri testimoni

Nessuna sentenza per la morte del paracadutista siciliano Scieri: la Corte vuole sentire altri testimoni

SIRACUSA La Corte di assise di Pisa, dopo una lunga camera di consiglio durata circa 6 ore e conclusasi nella serata di ieri, non ha emesso una sentenza nel processo per la morte di Emanuele Scieri, il giovane di 26 anni originario di Siracusa e paracadutista della Folgore, che fu trovato senza vita nella caserma Gamerra di Pisa il 16 agosto 1999.

I giudici hanno ritenuto necessario ascoltare tre ulteriori testimoni, quindi sono state programmate nuove udienze, la prossima delle quali è stata fissata per il 13 luglio.

Gli imputati nel processo per la morte di Scieri sono gli ex caporali della Folgore Alessandro Panella e Luigi Zabara, accusati di omicidio volontario.

Le parole del legale e del fratello

L’avvocato Ivan Albo, rappresentante legale della famiglia Scieri, afferma: “Il pronunciamento di stasera dimostra che la Corte di assise è pienamente consapevole degli elementi a favore e contro gli imputati e per questo ritiene che queste testimonianze siano decisive per giungere a una sentenza definitiva“.

Francesco, fratello di Emanuele, commentando la decisione della corte, dichiara: “Ho atteso per molti anni e quindi se questa ulteriore udienza servirà a scoprire la verità sulla morte di mio fratello, aspetterò con serenità anche il 13 luglio“.

Chi era Emanuele Scieri e cosa è successo nella caserma Gamerra

Emanuele Scieri, un militare siciliano di 26 anni, laureato in Giurisprudenza, fu assegnato al centro di addestramento della Folgore a Pisa per il servizio militare, presso la caserma Gamerra.

Il 16 agosto del 1999, fu trovato morto ai piedi di una scala della caserma, anche se si suppone che la morte sia avvenuta tre giorni prima.

Secondo le indagini, quella sera del 13 agosto, Scieri avrebbe subito atti di nonnismo violenti, che potrebbero aver causato la sua caduta dalla scala, dove forse cercava rifugio.

La sua scomparsa il 13 agosto avvenne dopo il suo trasferimento alla caserma Gamerra insieme ad altri compagni di servizio.

Dopo aver sistemato i bagagli nella sua camerata, Scieri si unì ai suoi colleghi per una passeggiata nel centro di Pisa. Quando tornò in caserma intorno alle 22,15, non rispose alla chiamata del contrappello alle 23,45.

Nonostante alcuni colleghi affermassero che fosse tornato in Caserma, venne dato per disperso, ma in realtà era già morto a quell’ora. Il suo cadavere rimase ai piedi della scala per tre giorni.

L’inchiesta

Inizialmente la morte fu ricondotta ad un incidente, ma nel 2017 la Procura di Pisa riaprì il caso, anche grazie alle indagini svolte dalla commissione parlamentare d’inchiesta istituita nel 2016 e presieduta dalla parlamentare Sofia Amoddio.

Gli amici e i familiari di Emanuele non credettero mai all’ipotesi di suicidio o di incidente tragico. Nel corso degli anni emersero molti elementi a sostegno della presenza di un contesto di nonnismo e di un sistema disciplinare fuori controllo in quella caserma.

Si ipotizzò che Scieri fosse stato costretto a salire su una scala alta dieci metri, utilizzata per asciugare i paracadute, da cui precipitò a causa di atti di violenza e minacce subite.

Il giorno del tragico evento

Il giorno del tragico evento, Emanuele era arrivato a Pisa insieme a settanta commilitoni dopo un breve periodo di addestramento nella caserma Gonzaga di Scandicci, vicino a Firenze. Durante una telefonata con sua madre in Sicilia alle 21:30, mentre si trovava in piazza dei Miracoli di fronte alla Torre Pendente, disse: “Stai tranquilla, sto passeggiando, faccio il turista“. Successivamente rientrò in caserma.

Nel periodo in questione, la caserma Gamerra aveva un’ampia area di 144.000 metri quadrati con 35 edifici e diverse aree adibite all’addestramento, al parcheggio e alla custodia di vecchio materiale. Il nonnismo non era una novità in quella scuola di paracadutismo durante quegli anni.

Un anno prima, nel 1998, un alto ufficiale, precedentemente comandante del 9º Battaglione Incursori del Col Moschin, era stato rimosso dal suo incarico a causa di sospetti episodi di nonnismo.

Nel corso del processo, il sottufficiale dell’esercito Andrea Antico, accusato di omicidio, è stato giudicato in rito abbreviato insieme all’ex comandante della Folgore Enrico Celentano e all’ex ufficiale di stato maggiore Salvatore Romondia, entrambi accusati di favoreggiamento.

Gli altri due imputati, gli ex caporali Alessandro Panella e Luigi Zabara, hanno scelto il rito ordinario.