NOTO – Agente di polizia penitenziaria introduce droga e cellulari. Il pubblico ufficiale avrebbe, più volte, preso accordi con i parenti di un detenuto per introdurre, dietro compenso, all’interno del carcere di Noto, nel Siracusano, beni di varia natura e anche sostanze stupefacenti.
Le indagini svolte dai carabinieri e coordinate dalla Procura della Repubblica di Siracusa hanno permesso di far emergere responsabilità penali anche a carico di almeno altre tre persone. Si tratta di un complice, incaricato costantemente del ritiro del denaro, con il compito di allontanare ogni possibile sospetto corruttivo dall’agente di custodia, e due donne, parenti del detenuto, autrici dei pagamenti volti a soddisfare le illecite richieste.
L’attività illecita avrebbe fruttato facili guadagni al pubblico ufficiale. Secondo la stima degli investigatori, per ogni singola illegale introduzione di oggetti non consentiti ci sarebbe stato il guadagno di centinaia di euro.
I carabinieri dell’Aliquota Operativa del Norm della Compagnia di Noto hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dalla G.I.P. del Tribunale di Siracusa, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di Sovrintendente Polizia Penitenziaria in servizio nella Casa di Reclusione di Noto.
Le motivazioni richiamate in ordinanza sposano l’impianto accusatorio formulato dagli inquirenti. Le imputazioni per l’agente di custodia, che sarebbe arrivato ad offrire la propria disponibilità per far pervenire “regali” e “profumi” ai detenuti da parte di familiari e conoscenti, sono quelle di aver sfruttato qualifica e posizione all’interno dell’istituto penitenziario per compiere atti gravemente contrari ai doveri d’Ufficio.
Tra i beni oggetto degli illeciti accordi figurano anche significative quantità di sostanza stupefacente diretta ai detenuti, ricorrendo a modalità di occultamento di generi, quali creme idratanti, il cui ingresso nella struttura penitenziaria era invece consentito. In sede di interrogatorio di garanzia, svoltosi dinanzi al G.I.P. che ha emesso la misura, l’indagato ha ammesso gli addebiti.
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