La storia della granita siciliana, dalle origini ad oggi: un “viaggio” sul dolce freddo tipico dell’Isola

La storia della granita siciliana, dalle origini ad oggi: un “viaggio” sul dolce freddo tipico dell’Isola

SICILIA – Siamo in estate, la stagione più calda dell’anno, e specialmente in alcune regioni, le temperature hanno superato i quaranta gradi.

Con queste premesse, per cercare di “tirarsi su”, tendenzialmente si pensa a roba fresca, refrigerante e dissetante, che possa dare una sensazione di sollievo. Quindi, cosa c’è di meglio di una granita, soprattutto in Sicilia?

La granita siciliana

Adatta a tutti, ormai in diversi gusti, è diventata con il tempo un elemento caratterizzante dell’Isola, irrinunciabile e assolutamente da provare almeno una volta se ci si trova in vacanza nella cosiddetta Trinacria, come la definivano gli antichi greci. Un grande classico estivo della colazione siciliana e non solo, poiché parecchie persone, con consuetudine, la mangiano anche in altri pasti della giornata, per spuntino, pranzo, merenda o addirittura cena.

Storia, nascita e origini

Ma come nasce e quali origini ha questa bontà unica ed inimitabile?
Secondo la storia, l’esistenza di una sorta di “antenato” della granita, è dovuto alla dominazione araba, periodo a cui risalirebbe la diffusione.

Gli arabi infatti, portarono con sé la ricetta dello “sherbet” (sorbetto), una bevanda ghiacciata e aromatizzata con succhi di frutta o acqua di rose, alla quale i siciliani aggiunsero la neve, raccolta durante l’inverno sui Monti Peloritani, sui Nebrodi, sulle Madonie, sugli Iblei e sull’Etna, e stivata dentro apposite costruzioni in pietra, chiamate “nivieri“, per mantenerla della stessa consistenza per tutto l’anno.

In estate veniva grattato e prelevato il ghiaccio formatosi, per poi ricoprirlo con sciroppi di frutta o fiori, preparazione che ricorda l’attuale grattachecca romana, soprannominata a inizio Novecento “rattata” (grattata).

I cambiamenti

Nel XVI Secolo alla ricetta dello “sherbet” vennero apportate delle modifiche/migliorie, utilizzando il sale marino unito alla neve, per creare una miscela “congelante”.

Pertanto, la neve passò da ingrediente a refrigerante, elemento che poco tempo dopo portò all’invenzione di uno dei primi pozzetti.

Il procedimento

All’epoca era strutturato con una tinozza di legno, avente al suo interno un secchiello in zinco e una manovella che gli permetteva di girare.

L’intercapedine tra i due materiali (legno e zinco), veniva riempito con la miscela di neve e sale marino, poi il tutto si sistemava sulla paglia. In seguito, il contenuto nel pozzetto sarebbe congelato per il processo di sottrazione di calore, ma non al punto da formare cristalli di ghiaccio troppo grossi, grazie alla manovella che consentiva di muovere spesso e in maniera circolare/rotatoria il prodotto, per non farlo “solidificare” eccessivamente.

Anche adesso infatti, è importante che il raffreddamento avvenga in modo graduale ed evitando di lasciare il composto “fermo”, mantenendolo invece in movimento, per non far “separare” l’acqua dagli altri ingredienti, che inevitabilmente si trasformerebbe in micro-cristalli di ghiaccio.

L’invenzione

Nel XX Secolo poi, per l’esattezza nel 1961, il napoletano Salvatore Cortese progettò e realizzò il primo macchinario per la produzione della granita, segnando il passaggio dalla produzione manuale a quella elettromeccanica.

La brioche

Inizialmente veniva accompagnata con del pane fresco (nel Catanese) o biscotti al burro (nel Messinese), mentre ormai da svariati decenni a questa parte, entrambi sono stati sostituiti dalla tipica “brioscia” siciliana (brioche), preparata con pasta lievitata e avente una base “ampia” nella parte inferiore, e un “pallina” posizionata sopra, definita comunemente “tuppo” o “coppola”.

Per realizzarla solitamente si prende un “filoncino” di impasto, congiungendo le due estremità una con l’altra, fino a formare una sorta di “anello”, dopodiché si utilizza un ulteriore “pezzo” di pasta per creare una forma rotonda/sferica, che verrà successivamente posizionato sopra, per “coprire” il buco. In seguito si cospargono con qualche pennellata di uovo sbattuto, che donerà una crosticina lucida alle brioche dopo la cottura in forno.

Attualmente la granita è un composto semi-liquido congelato, la cui ricetta prevede acqua e zucchero, con l’aggiunta dell’ingrediente che si preferisce, come la frutta o altro. Viene servita dentro bicchieri di vetro trasparenti, insieme alla brioche e al cucchiaino con cui mangiarla.

I vari gusti

Oggigiorno la scelta dei gusti delle granite è molto ampia e variegata, ad esempio entrando in un bar troveremo sicuramente, per quanto riguarda la parte fruttata, limone, fragola, pesca, gelso/mora, fico d’India, e in alcune città anche cocco, mango, pera, arancia, mandarino, melone, anguria e bergamotto, a seconda della stagionalità, mentre per i gusti più “golosi”, ci sono cioccolato, caffè, pistacchio, mandorla, e in determinate zone anche mandorla tostata, pistacchio salato, nocciola, cannella e gelsomino.

Chiaramente molte di queste possono essere unite, (talvolta è anche consigliabile per assaporare al meglio il connubio), alla panna montata.

Le differenze tra province

La consistenza e le modalità di presentazione della granita cambiano però in base alla città, infatti nel Messinese è più morbida/cremosa, a tratti quasi “liquida”, mentre nel Catanese è più dura/solida, che potrebbe per certi versi ricordare il gelato.

A Messina e dintorni, solitamente ordinando la granita abbinata alla panna, verrà servito un bicchiere con dentro ¾ di granita e ¼ di panna, arrivando così a “filo” bicchiere, in modo da poterla mescolare facilmente, per poi “inzuppare” la brioche.

Ciò viceversa non accade a Catania e provincia, in quanto effettuando la medesima richiesta, la granita riempirà il bicchiere totalmente e la panna invece verrà messa sopra (a meno che non si chieda esplicitamente di “versarla” prima, oppure sia sopra che sotto), creando una sorta di “punta”, non consentendo però l’unione di entrambe, in quanto risulterebbe difficoltoso “girarla”.

Un’altra differenza come detto prima è la consistenza, che permette nel Catanese di poter chiedere più di un gusto (di norma fino a un massimo di due/tre), all’interno dello stesso bicchiere, essendo più “densa”, fattore che nel Messinese sarebbe quasi “impensabile”, infatti in quel caso, la maggior parte delle volte, i due gusti si mischierebbero tra loro, considerando la “fluidità” della granita.

In diversi bar è possibile inoltre optare tra le diverse misure del bicchiere, infatti si trova “piccola“, insieme alla sua “brioche” di dimensioni ridotte, “normale“, quindi la versione media, e “grande“, con quantità di prodotto maggiori.

Nella città di Messina, il gusto tradizionale per eccellenza è caffè con panna, precisamente la cosiddetta “menza ca’ panna“, sottintendendo quella al caffè, composta da metà bicchiere riempito di granita e il restante mezzo con la panna. Ideale al mattino, energizzante e in grado di dare la giusta carica per affrontare la giornata.

Nel territorio limitrofo, le altre varianti molto diffuse sono limone, fragola e cioccolato. A Catania sono mandorla, pistacchio, gelso e pesca.

A Siracusa troviamo specialmente limone, realizzata con quelli tipici del luogo a chilometro zero, e mandorla, ottenuta con le mandorle d’Avola grezze tritate, senza essere private della “pellicina” marrone di copertura, dopo aver tolto il guscio. Nel Ragusano c’è quella al cioccolato, soprattutto a Modica.

Nella Sicilia Occidentale invece, nel Trapanese e in particolare a San Vito Lo Capo, la granita caratterizzante è quella al gelsomino, introvabile in tutto il resto dell’Isola. A Palermo i gusti “in voga” e consigliati sono gelso, anguria e mango.

In ultimo, ad Acireale, una peculiarità del posto è la granita alla cannella, speziata e “piccante” al palato. Inoltre, si dice sia proprio qui la granita migliore della Sicilia.

Il Festival “Nivarata”

In più, in questo comune, si svolge ogni anno dal 2012, il Festival Internazionale della Granita Siciliana, per celebrare questo dolce artigianale al cucchiaio, divenuto icona vera e propria, nonché simbolo culturale della Regione. Quest’anno “Nivarata 2024“, chiamato così in onore dei “nivaroli”, che in passato si occupavano di preservare la neve dal calore estivo, ha raggiunto la sua IX edizione e si è svolta dal 24 al 26 maggio.

All’interno dell’evento/rassegna di degustazione delle granite, è stato indetto un concorso con una giuria, per stilare poi una classifica e infine decretare i vincitori delle diverse categorie, quali “Granita dell’Anno“, “Granita Classica” e “Sorbetto“.

Considerazioni finali

In conclusione, se vi capita di visitare la Sicilia, non potrete esimervi dal provare la tipica granita, tra l’altro in alcune città, presente nei bar per tutto l’anno e continuativamente, e se vi spostate per l’Isola, rimanendo più giorni, avrete la possibilità di provare le differenti tipologie.

Le origini della granita siciliana