La Pasqua nei proverbi siciliani, le espressioni tipiche della saggezza popolare dell’Isola

La Pasqua nei proverbi siciliani, le espressioni tipiche della saggezza popolare dell’Isola

SICILIA –I proverbi non sbagliano mai“, recita un vecchio adagio. La saggezza popolare, tramandata di generazione in generazione, cristallizza delle situazioni ricorrenti nel tempo e fa uso di espressioni tipiche che non passano mai di moda.

Non è un caso, infatti, che parecchi detti siciliani siano perfettamente sovrapponibili anche a distanza di secoli. Molti di questi, nello specifico, sono legati a periodicità cicliche nel nostro calendario come la Pasqua.

“Cu n’appi n’appi ri cassateddi ‘i Pasqua”

È una delle massime più inflazionate nella nostra Isola, in particolare nelle aree del Catanese e del Ragusano. Anche i parlanti non siciliani avranno certamente riconosciuto nella parola “cassateddi” le caratteristiche Cassatelle della tradizione pasquale.

L’espressione è traducibile in “chi le ha trovate, si è preso le Cassatelle di Pasqua“. In parole povere, chi ha avuto la fortuna di trovare “i cassateddi” se l’è tenute per sé, mentre gli altri sono rimasti a bocca asciutta. Come dire, “chi prima arriva, meglio alloggia“.

“A Pasqua e Natali puru i lagnusi addivientunu massari”

Questo tipico proverbio intende sottolineare l’eccezionalità che comporta il periodo delle feste comandate. La Pasqua, così come il Natale, risveglia lo spirito d’iniziativa anche dei più scansafatiche (i “lagnusi“).

U lagnusu” diventa dunque “massaru“, ben disposto al lavoro e alla fatica così come lo sono i “massari”, ovvero i contadini responsabili di un manso, piccola proprietà feudale che in età medioevale veniva destinata alla coltivazione.

“Avìri cchiù chiffàri di lu furnu di Pasqua”

Anche in questo caso la cultura popolare si mischia ai riti culinari della Pasqua. Letteralmente “avere più da fare del forno di Pasqua” significa essere particolarmente indaffarati nelle proprie faccende e non avere nemmeno un attimo di tregua.

Dopotutto, è ben possibile immaginare l’enorme andirivieni di prodotti dai forni in occasione della festività, quando sono numerose le bocche da sfamare.

“Predichi e lattuchi, dopu Pasqua su finuti”

Questo proverbio comune nella Sicilia occidentale si lega al rito della Quaresima, caratterizzato da preghiere (“predichi“) come in occasione del Venerdì Santo e di penitenze (“lattuchi“) come l’astinenza dal consumare carne, scegliendo invece alimenti più modesti.

Proprio la lattuga, secondo alcuni racconti, avrebbe fatto parte del pasto dell’ultima cena di Cristo il Giovedì Santo. Chiaramente, dopo Pasqua, tali obblighi vengono meno.

Foto di S. Hermann & F. Richter da Pixabay