Vaccino Covid in Sicilia, la graduatoria. Quando tocca a noi? Razza: “Step successivo over 80”

Vaccino Covid in Sicilia, la graduatoria. Quando tocca a noi? Razza: “Step successivo over 80”

SICILIA – L’apertura della campagna vaccinale avvenuta ieri, 29 dicembre, con il cosiddetto V-day (Vaccine Day) ha rappresentato un giorno storico per l’Italia e per il mondo intero. Il primo tassello per sconfiggere il Coronavirus, un piccolo gesto che ha visto come primi protagonisti italiani alcuni lavoratori dello Spallanzani e, in Sicilia, il primario Massimo Geraci del Civico di Palermo avere somministrato il vaccino anti Covid. Sensibilizzare è stato l’obiettivo e lo sarà, secondo le parole di Speranza, nel futuro. Niente obblighi o guerre ideologiche, solo dialogo, sensibilizzazione e apertura anche verso i più scettici. Come ormai è noto, le prime categorie di persone che riceveranno il vaccino saranno quelle degli operatori sanitari e sociosanitari e il personale e i pazienti delle residenze sanitarie assistenziali per anziani. Insomma, le classiche categorie a rischio o maggiormente esposte al virus. E poi a chi tocca?

La risposta arriva direttamente dall’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, che ha parlato degli over 80 come prossimo step. In Sicilia, infatti, gli anziani con più di 80 anni di vita alle spalle sarebbero 350mila. Razza è raggiante, Speranza è più cauto. Secondo le sue parole rilasciate a La Stampa, l’Italia vuole raggiungere la quota di 13 milioni di vaccinati entro fine marzo. Ma, quindi, quando saremo chiamati a fare il vaccino?

La graduatoria e la durata della campagna

Come prima accennato, il Ministro Speranza rimane cauto. Ha ribadito che la profilassi non è sinonimo di liberi tutti e che dal 7 gennaio ritornerà il sistema delle zone colorate e divise in fasce d’emergenza. Ha pure chiarito la questione della disparità delle dosi tra Italia e Germania. Noi con 9.750 e loro con 150mila. Secondo le parole del Ministro della Salute, la questione è “una stupidaggine“, in quanto “la distribuzione delle dosi tra i vari Stati membri è gestita dalla stessa Commissione in base al numero di abitanti. La nostra quota è del 13,45% del totale di tutti i vaccini che l’Ue ha acquistato dalle sei aziende produttrici. Alla fine della campagna vaccinale, nel 2022, il nostro Paese avrà ricevuto 202 milioni di dosi. Nell’immediato, la distribuzione tra i singoli Stati può variare in base a fattori del tutto casuali: il giorno in cui viene fatta la comunicazione, la distanza dagli stabilimenti. Quelli Pfizer sono a Bruxelles, quindi in Germania arrivano prima che da noi. Ma la quota di dosi che spetta a ciascun Paese è fissa, per contratto“.

Roberto Speranza ha poi annunciato una new entry nelparco vaccini“, che entro questa settimana potrebbe essere già commercializzata, in attesa del via libera dell’Agenzia del Farmaco della Gran Bretagna. Si tratta del vaccino di AstraZeneca, che secondo le parole del ceo Pascal Soriot avrebbe raggiunto i 95% di efficacia contro il Covid. Se questo vaccino dovesse entrare effettivamente in commercio, l’Italia potrebbe disporre di ben 16 milioni di dosi in più entro il primo trimestre, che corrispondono ad altre 8 milioni di persone vaccinate.

Intanto, c’è chi si sta adoperando per stilare una graduatoria di chi sarà chiamato a vaccinarsi. Il governo, a oggi, ha in programma di vaccinare 10 milioni di italiani. La precedenza sarà data ai lavoratori degli ospedali e a quelli delle residenze per anziani. Poi potrebbe essere il turno di forze dell’ordine e personale scolastico. Dopo queste prime categorie, l’idea sarebbe quella di vaccinare in base al grado di fragilità, basandosi su parametri precisi (per esempio, età avanzata). Giovanni Corrao, professore di Statistica Medica all’Università Bicocca di Milano, ha parlato su Libero del metodo che probabilmente proporrà. Secondo le sue parole, a decidere la graduatoria sarà una formula statistica che comparerà la cartella sanitaria di tutti gli italiani. Un connubio con le regioni, che forniranno dati terapeutici e diagnostici. Sempre secondo il professore, non ci saranno problemi di privacy perché chi analizza i dati sanitari non conosce la chiave identicativa della persona.

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