Ordinanza vaccini in Sicilia, il Garante della privacy lancia un avvertimento. Musumeci replica: “Preoccupazioni infondate”

Ordinanza vaccini in Sicilia, il Garante della privacy lancia un avvertimento. Musumeci replica: “Preoccupazioni infondate”

SICILIA – Il Garante per la protezione dei dati personali ha lanciato un avvertimento nei confronti della Regione Siciliana e dei soggetti coinvolti (aziende sanitarie provinciali, datori di lavoro, medici competenti).

Al centro del mirino l’ordinanza n. 75 del 7 luglio 2021 del presidente Musumeci. Il Garante sostiene che il contenuto potrebbe violare le disposizioni del Regolamento europeo del Codice privacy. Cosa c’è di vero e cosa sta succedendo? Vediamo un po’.

Cosa prevede l’ordinanza e i problemi avanzati

L’ordinanza in questione prevede trattamenti di dati personali per quanto riguarda lo stato vaccinale dei dipendenti pubblici e degli enti regionali e questo determinerebbe – secondo l’avvertimento del Garante – limitazioni dei diritti e delle libertà individuali.

Ciò non è possibile a meno che non sia una norma nazionale di rango primario, sempre considerando il previo parere dell’Autorità.

Il contenuto dell’ordinanza regionale è il seguente in sintesi: tutti i dipendenti a contatto diretto con l’utenza devono essere “formalmente invitati a ricevere la vaccinazione e, in assenza di questa, assegnati ad altra mansione.

Si genererebbe così una disparità di trattamento rispetto al personale che svolge le medesime mansioni nel resto d’Italia.

Si prevedono, sempre nell’ordinanza, anche dei trattamenti generalizzati di dati per quanto riguarda i vaccini dei dipendenti, anche in questo caso non conformi alle norme sulla privacy.

La replica di Musumeci

Il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, pertanto, è intervenuto per chiarire la situazione.

Mentre sulle colonne del Corsera un autorevole giuslavorista come il professor Ichino rivendica l’esistenza di norme nazionali che possono determinare perfino il licenziamento dei lavoratori, misura francamente sproporzionata, il Garante per la protezione dei dati personali si preoccupa di possibili, quanto inesistenti, lesioni alla privacy derivanti dall’invito alla vaccinazione dei datori di lavoro ai loro dipendenti“, spiega.

Si tratta di un atto giuridicamente non condivisibile, da parte di chi evidentemente non si rende conto di cosa sia una pandemia e come meriti protezione una Regione che non può permettersi nuove chiusure, senza mettere definitivamente a rischio l’economia e, quindi, il lavoro di migliaia di persone e la salute pubblica“, prosegue.

Lo stesso professor Ichino evidenzia come non serva una norma nazionale per agire sui lavoratori, perché esiste già l’articolo 2087 del Codice civile che, in combinato disposto con gli articoli 15 e 20 del decreto legislativo 81/2008 (Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro), affida proprio ai datori di lavoro il compito di ‘adottare tutte le misure consigliate dalla scienza, dalla tecnica e dall’esperienza idonee a ridurre al minimo, se non azzerare, ogni rischio per la sicurezza e il benessere fisico e psichico del lavoratore’“, aggiunge.
Peraltro, proprio nei giorni in cui da Roma vengono chieste informazioni ben più penetranti sul mondo della scuola e in procinto di emanazione del nuovo decreto annunciato dal Governo nazionale – conclude Musumeci – le preoccupazioni avanzate sono infondate e del tutto apodittiche“.