SICILIA – L’emergenza Coronavirus ha modificato radicalmente la nostra quotidianità, ci ha imposto delle regole stringenti per prevenire – e contenere – la diffusione a macchia d’olio dei contagi.
Per ultimo, l’inserimento a livello nazionale del coprifuoco dalle 22 alle 05 del mattino dopo (valevole più che altro per le regioni della fascia “gialla” e “arancione”) che ha ridotto la nostra mobilità per un bene superiore e comune.
Il sondaggio sul Covid e il coprifuoco
Abbiamo così chiesto ai siciliani, soprattutto ai ragazzi e alle ragazze di Catania, attraverso un sondaggio, cosa ne pensassero riguardo l’imposizione del “coprifuoco” potendo scegliere tra decisione “inutile“, “appropriata” o “necessaria“. Dall’elaborazione delle risposte si evince un quadro non troppo chiaro: c’è chi ancora pensa che si tratti di una misura superflua, che non andava disposta, e chi crede, invece, che sia stata la scelta idonea, l’unica da adottare. In minoranza, coloro che la ritengono solamente appropriata.
Dal punto di vista psicologico, la maggior parte non si sente danneggiato dalla limitazione d’orario e si definisce addirittura “indifferente” a queste nuove regole, che non incidono sulla sfera personale. Una piccola parte (il 19,5%), invece, sta vivendo questo periodo male e, altri, in misura ancora più ridotta, malissimo.
Di cosa si sente più la mancanza?
La stragrande maggioranza (81,8%), però, sente la mancanza di ciò che faceva prima e che, adesso, non può più fare. Nello specifico, dalle risposte, la cosa che più si rimpiange è l’impossibilità di recarsi a casa di amici a trascorrere una serata spensierata e tranquilla. Successivamente, un buon numero vorrebbe andare in pizzeria, dal fidanzato (perché magari abita in un Comune diverso) o alle cene con i parenti. Una piccolissima percentuale, invece, sente la mancanza delle discoteche, cinema, palestre, viaggi, libere passeggiate (serali dopo le 22), calcetto con gli amici e teatro.
Poi abbiamo chiesto, in aggiunta, come i ragazzi e le ragazzi vivessero le loro uscite, segnate indubbiamente da tempistiche rigide da dover rispettare. I più hanno paura dei contagi e degli assembramenti, mentre altri rinunciano alle uscite per evitare problemi.
Una fetta significativa, invece, ha l’ansia di ritornare entro le 22 e guarda costantemente l’orario per non sgarrare e poi c’è chi ha paura dei controlli, pur essendo nel giusto. Accanto, ci sono altri che vivono serenamente il coprifuoco e rispettano le restrizioni oppure alcuni che non possono più uscire per incompatibilità con altri impegni (per esempio lavorativi).
“Mi sento in gabbia”
Scendendo nel dettaglio, abbiamo estrapolato un parere circa l’imposizione del coprifuoco e, tra le risposte, c’è chi scrive: “Stare a casa non è una punizione, ma l’unica possibilità per rallentare i contagi” oppure “Penso che se rispettiamo le regole oggi, domani potremo tornare alla normalità” sulla scia che “l’importante è stare bene“.
Accanto a questo, alcuni ne risentono emotivamente: “Sono abituato a stare libero e non chiuso in gabbia” e ancora: “Sono esausta di questa reclusione. Mi sento ai domiciliari con il permesso di andare a lavorare” o “Mi sento vincolata e rinchiusa“, “Mi ha causato stress e infelicità“, “Mi manca la mia libertà” e “Non mi sento libera perché se esco e vado a comprare qualcosa di utile, mi sento come se commettessi un reato, come se dovessi scappare da un pericolo e mi sento involontariamente inseguita, guardo l’orologio“. In più: “Dopocena era l’unico momento libero per potermi rilassare fuori e staccare la spina. Così è come se non ci fossero valvole di sfogo“.
A quanto pare, però, per altri, non è il coprifuoco in sé a creare problemi, ma tutta la situazione Covid in generale che alimenta incertezze e dubbi non di poco. Ma c’è anche chi trae addirittura beneficio “La mattina mi sveglio più riposata“.
L’analisi delle risposte da parte della psicologa
A tal proposito, ai microfoni di NewSicilia, è intervenuta la psicologa Ines Catania per commentare e dare il suo punto di vista, analizzando i dati e le risposte che sono state date al sondaggio. Ci ha spiegato: “Rispetto a quanto esposto precedentemente, rilevo un’assoluta normalità e se vogliamo, passandomi il termine, ‘fisiologicità’ delle risposte al questionario in questo grande momento di stress. Tuttavia, avrei provato molto stupore ed incredulità se la popolazione non avesse sofferto queste limitazioni”.
“L’accettazione dell’ ignoto, l’adeguamento a norme limitanti ed il clima di paura, non possono generare altro che malessere. Per cui le reazioni sono assolutamente coerenti a ciò che si sta vivendo. Mi sarei preoccupata del contrario! Però invito tutti, in questo momento così delicato ed ampio, a riflettere e rivalutare gli aspetti più veri della vita correggendo, dove necessario, ciò che procura peso al cuore!“, aggiunge.
“Notevoli disagi nella vita di un’intera comunità”
Poi le abbiamo chiesto in che modo il coprifuoco possa influire a livello psicologico. La nostra intervistata ha risposto: “È noto che questo fenomeno pandemico abbia portato notevoli disagi nella vita di un’intera comunità, dal punto di vista psicologico, medico, sociologico ed economico. È altrettanto chiaro che abbia, di conseguenza, generato paura, confusione, smarrimento in ogni persona che si è trovata a dover gestire una situazione delicata ed inaspettata. A questo si legano le limitazioni dovute al contenimento del fenomeno. Privazioni che incidono negativamente nella sfera psicologica dell’individuo che si trova a doversi controllare e limitare nelle proprie attività quotidiane”.
In aggiunta: “Ed il fatto che, la persona, non goda più del libero arbitrio, che non possa decidere cosa fare, come farlo ed in quali tempi che non siano stabiliti dalle autorità, genera forte rabbia e stress. La rabbia di non essere più padroni di decidere della propria vita, padroni di poter essere e fare senza omologarsi al resto della popolazione. Pertanto, la restrizione degli orari, delle attività, degli spazi della libertà genera una condizione d’ansia tale da fare desistere il soggetto anche ad uscire“.
“Sento spesso dire: ‘Non ne vale la pena poiché siamo con la sveglia al polso. Non riusciamo neppure a godere del momento di uscita perché dobbiamo stare in allerta e rientrare in orario per evitare sanzioni’. Per non parlare poi della paura del contagio, che genera un’apparente affettività ed aridità nell’espressione dei sentimenti. La conseguenza di tutto ciò, può essere l’isolamento sociale, quindi l’ interruzione o il diradarsi del confronto, della comunicazione, delle relazioni, degli incontri in genere“, conclude.
I consigli della psicologa
Infine, la dottoressa Ines Catania ci ha dato dei consigli per superare i disagi che l’imposizione del coprifuoco potrebbe causare e che, di fatto, secondo le risposte, ha provocato in alcuni ragazzi e ragazze.
“I suggerimenti che delineo in questa sede sono i seguenti:
- Presa di coscienza ed accettazione della situazione che stiamo vivendo. Molto spesso si tende a respingere o a fuggire da ciò che non piace allontanandoci pericolosamente ed infruttuosamente dalla realtà. Questo meccanismo è spesso noto come forma di difesa e protezione. Avere consapevolezza ed accettare ciò che si presenta è sicuramente il primo passo verso l’equilibrio e la serenità;
- Ristrutturazione dei pensieri. Molto spesso, nelle situazioni difficili e critiche si tende ad enfatizzare l’elemento negativo rimuginando proprio sugli aspetti infelici della storia. Evitare di ripensarci su, sottolineando le criticità di ciò che si sta vivendo, è già un modo per non alimentare gli aspetti negativi di una situazione. Inoltre, trasformare le limitazioni in opportunità, organizzandosi in maniera tale da sfruttare i momenti di ritiro e solitudine per poter compiere azioni ed attività che rallegrino l’animo e che altrimenti, in situazioni di normalità, non avrebbero avuto modo di svilupparsi“.