“Non chiedere perché” di Franco Di Mare

“Non chiedere perché” di Franco Di Mare

Dopo aver convissuto con la più terribile delle malattie, un mesotelioma molto aggressivo, all’età di 68 anni il giornalista RAI Franco Di Mare si è arreso alla sua guerra. Noto per la sua abilità comunicativa e per la cultura poliedrica della lunga carriera nei diversi programmi RAI, la morte del giornalista più amato dagli italiani ha scosso il cuore di tutti.

Nato a Napoli, dopo la laurea in scienze politiche il giovane Franco Di Mare inizia a collaborare come corrispondente con alcune testate, prima come redattore, poi inviato speciale e infine caporedattore. Nel 1991 entra in RAI alla redazione esteri del TG2 dove prende corpo l’avvio della sua carriera giornalistica come inviato speciale in tutti i Paesi del mondo distrutti dalla guerra, attentati terroristici, martiri delle grandi ferite che hanno raggelato la primavera nel mondo.

Giornalista e conduttore televisivo, Franco Di Mare è stato anche uno scrittore dalla penna fertile, capace di eternare ciò che gli occhi di un uomo hanno registrato sugli orrori del mondo. È del 2011 la prima pubblicazione del romanzo autobiografico di un giornalista che, in uno dei suoi viaggi come inviato di guerra, ha incontrato il volto buono della vita, il dono di uno sguardo diretto a un angelo che in culla stava aspettando ali di sole. Furono le braccia di Franco Di Mare, uomo prima che giornalista, il tramite verso una nuova vita lontana dal martirio delle anime innocenti.

“Non chiedere perché”, edito da Rizzoli, racconta un sogno ad occhi aperti elaborato al centro delle rovine del mondo. In piena estate del 1992 il cielo sopra Sarajevo, in Bosnia, non ricorda più di avere vissuto l’azzurro; ogni passante è un soldato stalkerizzato dalla morte. Marco De Luca è un giovane cronista di guerra nei Balcani che, appena sceso dal volo dell’Aeronautica militare italiana, legge con i suoi occhi una barbarie risorta dalle ceneri della Seconda guerra mondiale.

Da questo momento la storia professionale di un inviato di guerra cede il passo alla sfera intima di un giornalista con il giubbotto antiproiettile mentre precipita nel girone della morte per mano dell’uomo. Tanti i servizi inviati in redazione, i reportage sulla via crucis dei civili colpevoli di essere nati sotto un cielo sbagliato. Le donne subiscono violenze, i bambini patiscono la fame, nati da qualche ora eppure già orfani di entrambi i genitori.



All’altro capo dell’Adriatico si consuma una guerra crudele che riempie gli orfanotrofi di piccoli innocenti accolti in un recinto vuoto d’amore. Nella culla pubblica di Ljubica Ivezic, in uno dei tanti sopralluoghi per documentare la crudeltà della guerra, il giornalista De Luca incontra Malina, una bambina di dieci mesi che, troppo piccola per proferire parola, gli butta le braccia al collo come il ramo fa con l’albero, l’onda con la striscia di sabbia, la preghiera per il miracolo di una vita maestra. Malina, la bambina dai capelli scuri in una sala piena di occhi azzurri e riccioli biondi, scuote il sonno e la veglia di Marco.

“Stava dormendo con una bambina, anzi, con la sua bambina al fianco. Ora… capì che cosa volevano dire Anisa ed Edin quando gli parlavano di responsabilità. Malina non gli aveva chiesto di essere portata via, ora che lui lo aveva fatto, lei gli si affidava… Sarebbe stato all’altezza?… Ce l’avrebbe fatta, certo che sì”.

L’angelo di Sarajevo stava per entrare nella vita di un uomo non ancora padre ma già ebbro d’amore per quella Stella, giorno e notte cometa di luce solo per lui. “Chi ha adottato chi” è la domanda dietro le quinte della scelta di amare unita al bisogno di essere amati.

Prima di Stella, un uomo ha dichiarato guerra alle emozioni esplose in un cielo in viaggio verso la pace. Lei, l’armistizio dopo la notte, lei, voce solista di un coro bianco. Il titolo della fiaba c’era, la didascalia ebbe bisogno di tempo per trovare fissa dimora nella vita di Marco. L’adozione da parte di un single richiede una indiscussa caparbietà che solo una folle ragione può sfidare il tunnel del doloroso travaglio. Succede che tra un tuono e l’altro lo squarcio di un lampo scuote la polvere vagante per atmosfere celesti. Quanto coraggio è stato chiamato a raccolta nel quartier generale del futuro falciato (un orfanotrofio) in cui il muro dell’indifferenza è sovrano assoluto. Marco ha accolto l’amore che Franco ha ricevuto nel breve, brevissimo tempo di un abbraccio generoso di vita. Assai vicine al miracolo sono state le mine anti-amore esplose nel petto nel momento in cui la sirena d’allarme annunciava il baratro della coscienza umana.

“Serve un pizzico di follia per inseguire, nella vita, quello che a tutti appare un sogno irragionevole”.

Il giornalista Franco Di Mare ha prestato i versi del suo vissuto tra fiaba e leggenda al personaggio Marco De Luca, fedele doppiatore della paternità oltre il protocollo. Nel 2015, il bravissimo attore Giuseppe Fiorello ha recitato la voce narrante di Marco De Luca nella fiction “L’angelo di Sarajevo”, tratta dal romanzo che racconta la storia di un angelo inciampato tra le braccia della sua Stella.

 

sara