RAGUSA – Hanno ventuno anni ciascuno i due scafisti egiziani che sono stati arrestati dalla polizia di Ragusa. Facevano parte del grosso giro di affari libici che specula sui viaggi dei migranti. Ore 17:05. E’ sabato pomeriggio. Una telefonata raggiunge la nave “Comandante Borsini” della Marina Militare. “Presto andate nell’area maliana Search and Rescue . C’è un barcone alla deriva”. Passa appena un’ora e l’unità navale si trova davanti un motopesca blu di venticinque metri con centosessantasei persone a bordo.
Scene di umana tristezza che ormai si ripropongono da mesi… anni. Solo alle tredici e trenta del giorno dopo i migranti toccano terra raggiungendo il porto di Pozzallo: ci sono centodiciotto uomini, quattordici donne e trentaquattro minori siriani, egiziani, eritrei e del Sudan.
Subito si mette in moto la macchina degli aiuti. Venti agenti della Polizia di Stato, la Protezione Civile, la Croce Rossa e i medici dell’A.S.P. arrivano al porto per l’assistenza e le prime cure.
Il passo successivo è l’accoglienza al C.P.S.A. di Pozzallo che però ormai è pieno di gente tanto da rendere necessario il trasferimento di una parte di questi clandestini in altri centri del nord Italia.
Diciotto ore di indagini della polizia di Ragusa e Modica e della Guardia di Finanza per rintracciare tutti gli elementi che potessero incastrare i due scafisti egiziani. Ma alla fine sono stati gli stessi migranti a svelarne gli identikit.