PALERMO – Si commemora oggi la tragica morte di Peppino Impastato, assassinato per mani mafiose il 9 maggio 1978.
La sua vita, raccontata nel famoso film del 2000 I cento passi di Tullio Giordano, è stata sempre caratterizzata dalla volontà di sfuggire all’inesorabile legame che il padre Luigi, probabilmente a protezione della propria famiglia o forse per poca personalità, ha sempre tenuto con l’ambiente mafioso.
Nato a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, faceva parte di una famiglia appartenente a Cosa Nostra: il padre era stato inviato al confine durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre, uno dei capomafia del paese nel dopoguerra, Cesare Manzella, fu ucciso nel 1963 in un agguato nella sua Alfa Romeo Giulietta imbottita di tritolo.
Cacciato di casa per forti contrasti in famiglia, cominciò la sua attività politico-culturale di sinistra e antimafia, fondando nel 1965 il giornalino L’idea socialista e aderendo al PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria). Come dirigente, poi, delle attività dei gruppi comunisti, si mise a capo delle lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo in territorio di Cinisi, nonché degli edili e dei disoccupati.
Con il gruppo Musica e cultura e attraverso la Radio Aut (radio libera autofinanziata) da lui fondata, denunciò i crimini e gli affari mafiosi di Cinisi e Terrasini, mettendo in evidenza le malefatte del capomafia Gaetano Badalamenti, da lui definito sarcasticamente “Tano Seduto“, in traffici internazionali di droga tramite l’aeroporto di Punta Raisi.
Numerosi e gravi gli avvertimenti e le minacce che cominciò a ricevere, ma nonostante tutto Peppino continuò imperterrito la sua opera e si presentò alle elezioni provinciali nella lista di Democrazia Proletaria.
Ed è proprio durante la sua campagna elettorale che venne tragicamente assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio. Si trovava a bordo della sua Fiat 850, che fu bloccata lungo la litoranea Terrasini-Cinisi, presumibilmente da due o tre persone, venne “stordito e fatto passare accanto al posto di guida, poi fu condotto, con la sua stessa autovettura fino al caseggiato rurale del Venuti”, racconta Giuseppe Casarrubea nell’introduzione al libro di Salvo Vitale “Nel cuore dei Coralli”. “Qui venne sottoposto ad atroci torture, fino a che il suo corpo sanguinante fu adagiato a terra con la testa poggiata sul lato più stretto del sedile. I suoi carnefici volevano ucciderlo due volte”, ed ecco che inscenarono un attentato-suicidio.
Il suo corpo venne piazzato sui binari del treno tra Palermo e Trapani e fatto detonare con una carica di tritolo, iscenando così un attentato in cui la vittima apparisse come suicida, allo scopo di screditare la sua immagine. La versione ufficiale di stampa, forze dell’ordine e magistratura è che l’attivista fosse un terrorista rosso e che sia morto in un attentato suicida. Gli elettori di Cinisi votarono in ogni caso il suo nome, eleggendolo simbolicamente.
Il delitto, però, passò inosservato, perché, nelle stesse ore, venne ritrovato il corpo senza vita del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro in via Caetani a Roma.
Numerose in Sicilia oggi le iniziative per la commemorazione: il momento centrale della giornata sarà il corteo antimafia e antifascista che inizierà a Terrasini (Palermo) alle ore 16,30, con il raduno davanti alla sede storica di Radio Aut, e arriverà fino a Casa Memoria, la casa adesso presidio di legalità e luogo d’incontro di moltissime realtà di impegno sociale operanti dentro e fuori l’Italia.
Alla fine, dopo il tradizionale discorso dal balcone di Casa Impastato, si assisterà a un concerto-reading di altissimo livello culturale in programma alle ore 20.
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