PALERMO – “Sarebbe gravissimo se qualcuno avesse nascosto, omesso o dimenticato documenti rilevanti da parte di organi dello Stato“, ha dichiarato oggi Matteo Salvini al termine dell’udienza che ha avuto luogo a Palermo e che lo vede imputato per avere vietato alla nave Open Arms di approdare.
Il leader della Lega ha proseguito facendo riferimento a nuovi documenti che potrebbero svelare scenari inediti sulla questione Open Arms.
“Cioè – ha spiegato Salvini – se ci sono pezzi di Stato che dimenticano o nascondono interventi di altri pezzi di Stato per danneggiare oggi Salvini, domani chissà, vuol dire che c’è qualcosa che non funziona“.
In quanto ministro delle Infrastrutture, Salvini a Palermo ha anche detto: “Penso che il ministro Piantedosi stia facendo un ottimo lavoro e che l’Unione europea abbia capito che il tema va condiviso. Rispetto a due mesi fa quando eravamo soli, abbandonati, dimenticati e isolati l’aria mi sembra positivamente cambiata“.
L’ex ministro Trenta si difende: “Non spettava a me la scelta del porto sicuro“
È intervenuta stamattina in merito al processo anche l’ex ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, che ha specificato il suo ruolo nella decisione di vietare l’ingresso in acque italiane alla nave della ong spagnola con a bordo i profughi soccorsi l’1 agosto 2019.
“Le decisioni sull’assegnazione del porto sicuro erano del ministro dell’Interno perché erano una sua competenza. Da ministro della Difesa e in relazione ai divieti di ingresso in acque italiane – ha dichiarato – a me spettava solo verificare che non si trattasse di nave militare“.
Dopo le parole di Trenta, in aula ha deposto l’ex ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli: “Non ero a conoscenza personalmente di rischi relativi alla sicurezza pubblica o sanitari legati all’eventuale sbarco dei migranti soccorsi dalla nave Open Arms, il rischio mi era stato prospettato dal ministro dell’Interno“.
“Dopo che il Tar sospese il decreto che vietava l’ingresso della Open Arms in acque italiane, dal Viminale arrivò un secondo decreto che io non firmai, visto che il contesto non era mutato rispetto alla firma del primo decreto. Le cose anzi si stavano complicando – ha continuato – perché nel frattempo erano passate due settimane. E inoltre era chiaro che un nuovo decreto, a condizioni immutate, sarebbe stato impugnato e di nuovo annullato. Che senso aveva replicare?“.
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