PALERMO – Trent’anni fa il maxiprocesso, nell’aula bunker dell’Ucciardone, oggi il cuore delle iniziative per il 24esimo anniversario della strage di Capaci.
Era il 10 febbraio 1986, primo giorno di un clamoroso evento giudiziario che ridusse potenti e feroci boss e gregari dentro le gabbie e che è stato voluto fortemente da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Furono loro gli autori della poderosa ordinanza, scritta dai due giudici istruttori nell’esilio forzato dell’Asinara, a causa del concreto rischio di un attentato. A presiedere la corte d’assise Alfonso Giordano. giudice a latere un 41enne Pietro Grasso, oggi presidente del Senato, che stamane ha ricordato a Palermo quei momenti, davanti a una platea di 800 studenti.
Ventidue mesi di dibattimento, 349 udienze, 475 imputati, 8000 pagine di verbale, 1314 interrogatori, 635 arringhe difensive, 900 testimoni, 200 avvocati penalisti, 500 giornalisti arrivati da tutto il mondo. E alla fine, dopo 36 giorni di camera di consiglio, 19 ergastoli, 2665 anni di carcere per i principali boss di Cosa nostra, 114 assoluzioni.
La sentenza fu pronunciata il 16 dicembre 1987. “Abbiamo vinto”, disse Falcone a uno dei suoi collaboratori. “Quella sentenza definitiva del maxi processo fu un monumento giuridico e storico, perché sancì l’esistenza della mafia e da allora divenne un fatto acquisito. Fu questo un grande capolavoro di Falcone, Borsellino e di tutti i magistrati che hanno lavorato perché ciò fosse possibile”.
“Non esistono cose difficili – ha affermato il presidente Grasso – o impossibili se le affrontiamo con la cultura della legalità, non ci dobbiamo arrendere, è questo il messaggio che lancio ai giovani, sono certo che questi ragazzi sapranno incarnare al meglio i valori di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”.
“C’era un clima di tensione – ha ricordato – Quando uscii da quella porta mi prese un nodo alla gola, vedendo gli avvocati, i giudici, gli imputati tutti dietro le sbarre. C’erano oltre 500 giornalisti arrivati anche dall’ estero, gli occhi del mondo erano puntati su Palermo e dietro c’era tanto lavoro dell’ antimafia, dei giudici Falcone e Borsellino. Abbiamo ripassato tutto fino alla notte prima, per non sbagliare nulla. Eravamo presi da questo ruolo, e iniziò quella che fu una grande avventura”.