PALERMO – L’Arcidiocesi di Palermo, nella persona dell’arcivescovo Corrado Lorefice, ricorda Paolo Borsellino e gli agenti della scorta morti nella strage di via d’Amelio il 19 luglio 1992.
“Ci siamo riuniti per fare memoria, la memoria di una città. Non si tratta di un mero momento celebrativo-commemorativo. Fare memoria di Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina è mettersi in ascolto del dolore dei loro familiari, del dolore delle vittime di mafia e di questa nostra amata città così martoriata e ancora bisognosa di riscatto. Fare memoria significa familiarizzare con i nomi della memoria ferita e prendere ferialmente e fattivamente parte alla domanda di affrancamento dal male, dall’abitudine alla rassegnazione, alla sudditanza sociale e psicologica. Significa ripensare il nostro modi di vivere la città, di stare nella città. Oggi. È proprio la città che permette la communitas, la socialità, la solidarietà; è la città che fa uscire dalla logica della tribù e del clan e consente di vivere nell’orizzonte dell’altro, della ricchezza del ‘noi’ plurale e diverso”, si legge nella parte iniziale dell’Omelia.
Il 19 luglio non serve solo a ricordare una delle numerose stragi di mafia, forse quella che più ha segnato la memoria del Paese. Significa anche ragionare su oggi e su cosa non va nella lotta alla criminalità organizzata e al male: “Eppure, proprio nella città il male si fa più evidente; la tragedia dei rapporti e delle relazioni segnate dalla violenza viene vissuta dal vivo, in diretta. La città umana, la realtà più decisiva per il progresso e il cammino culturale dell’umanità, è anche un luogo che contraddice la qualità della vita e delle relazioni, quando non è addirittura segnata dalla barbarie e dalla disumanità”, spiega l’arcivescovo.
“Fare memoria di Paolo Borsellino è soprattutto fare memoria della ‘tranquillità’ di chi crede fino a disporre della propria vita perché si percorrano insieme vie di umanizzazione e la città degli uomini conosca la qualità di una convivenza segnata dalla giustizia, dalla legalità, dalla libertà, dalla pace, dalla solidarietà. Una città dove si respirano i valori più belli e alti della nostra Carta costituzionale. Una città capace di far festa, esperta di cammini di riscatto e di liberazione. Una città generativa e accogliente, capace di proporre un futuro di vita e di speranza alle nuove generazioni”.
“Chi assume il travaglio della propria terra e prende parte in prima persona al riscatto di un popolo che anela alla liberà, affronta l’ignoto e il pericolo, il deserto e il mare. Forte di un mandato. Si affida, fino a conoscere una profonda tranquillità. Come Paolo Borsellino e i suoi soci di martirio. Due ambienti, due elementi – il deserto e il mare – impervi e pericolosi, due ostacoli terrificanti in ogni cammino, che si vorrebbero evitare”.
“Ma in chi accoglie nella profondità della sua coscienza il mandato profetico, l’ostacolo viene affrontato con audacia e determinazione, si resiste grazie alla fede”, spiega il religioso ricordando il sacrificio di Borsellino e della sua coraggiosa e fedele scorta.
Qui è possibile leggere l’intero testo dell’Omelia.
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