Spaccio h24, i DETTAGLI della complessa attività: le chiamate, le minacce, le botte e il denaro

PALERMO – L’attività denominata H 24 evolutionnasce nel marzo 2017 dalla precedente attività d’indagine denominata “H 24”, culminata nel febbraio 2017 con l’esecuzione di alcuni provvedimenti custodiali a carico di alcuni pusher del rione Zisa che, tramite ordinazioni telefoniche effettuavano continue cessioni di stupefacente ad acquirenti della cosiddetta “Palermo bene”. 

Il proseguo delle indagini ha svelato le attività illecite di altri soggetti sempre del rione Zisa che, facenti parte di organizzazioni strutturate ed attraverso la nota metodica del telefono in servizio h/24, offrivano un continuo punto di approvvigionamento in favore di centinaia di acquirenti residenti in zone diverse del centro cittadino.

In particolare, secondo la ricostruzione dei fatti accolta dal giudice per le indagini preliminari, si sono individuate due distinte associazioni a delinquere: un sodalizio criminale già preesistente alle indagini era composto da Giuseppe Vallecchia, Giuseppe Randazzo, Francesco La Rocca, Danilo Biancucci, Francesco Paolo Lo Iacono e Ernesto Gulotta.

Di tale associazione a delinquere, Vallecchia e Randazzo erano i promotori, mentre gli altri esercitavano l’attività di vendita al dettaglio dello stupefacente, curando i rapporti con i clienti e versando i profitti nelle casse dell’associazione. In particolare, Randazzo era l’uomo di fiducia di Vallecchia, quest’ultimo parente del noto Fabio Chiovaro, già reggente del mandamento mafioso della Noce.

Randazzo, durante l’assenza di Vallecchia, che per parte delle indagini era detenuto per altra causa, rivestiva un ruolo di primo piano nel sodalizio criminale. A titolo esemplificativo, in una riunione tenutasi a casa del sodale Biancucci, ha rimproverato aspramente Gulotta, schiaffeggiandolo davanti a tutti, perché ritenuto responsabile di aver tenuto con sé denaro dell’associazione; e ancora, venuto a conoscenza che Gulotta e Lo Iacono svolgevano attività autonoma di spaccio, parallelamente a quella dell’associazione, ha fatto requisire il motorino di Lo Iacono, privato anche del cellulare con cui contattava i clienti. 

A seguito di tali fatti, quest’ultimo e la moglie Lorena Vitale hanno cercato tutela da altri soggetti di elevata caratura delinquenziale cercando di ottenere anche la restituzione del telefono su cui erano memorizzati i contatti dei numerosi clienti. A seguito di un incontro conciliatorio, Randazzo ha autorizzato i due pusher a continuare nella loro attività di spaccio, restituendo il telefono “buono” e imponendo loro quale contropartita il pagamento nelle sue mani di una somma settimanale di 300 euro in favore di una parente di Fabio Chiovaro.

Randazzo è intervenuto anche in altre circostanze per dirimere altre controversie, sorte dopo l’autorizzazione allo spaccio in proprio di Lo Iacono, che si è assicurato di poter proseguire tranquillamente un’attività redditizia e a cui qualche giorno dopo sono state forate le 4 ruote della propria auto.

L’associazione a delinquere aveva elevati guadagni e a dimostrazione di quanto fosse redditizia l’attività di spaccio in una circostanza ha fatto riferimento alla somma di 70mila euro che era stata depositata in casa di Biancucci.

Le indagini hanno consentito di accertare l’esistenza di un’altra associazione a delinquere composta  da Lo Iacono e Gulotta e dalle mogli Vitale e Bonfardino che dal mese di marzo, a seguito dell’estromissione di Gulotta, incolpato di aver sottratto denaro del sodalizio Vallecchia/Randazzo, hanno imbastito una quotidiana e continua attività di spaccio autonoma con organizzazione di mezzi, attività e divisione di ruoli tra membri. 

Il redditizio spaccio al dettaglio di cocaina avveniva in ore diurne e notturne, mediante contatti con i clienti tramite utenze riservate, con incassi di diverse centinaia di euro giornalieri che aumentavano esponenzialmente nel fine settimana.

Lo Iacono si occupava parallelamente della vendita di stupefacente che gestiva con Gulotta e di quello che serviva ad alienare per conto della più risalente associazione dalla quale percepiva la retribuzione pari a circa 800 euro a settimana.

Nelle indagini emergeva che Lo Iacono e Gulotta cercavano di acquisire autonomi canali di fornitura, rivolgendosi quale fornitore ad Antonio Napolitano. L’avvio di attività d’intercettazione a suo carico ha consentito di rilevare un altro rapporto di fornitura di cocaina esistente con un pusher di Capaci, arrestato dalla Squadra Mobile per il trasporto di 35 gr. di cocaina, poco prima acquistato in questo centro da Napolitano. E ancora è emersa l’attività di spaccio di cocaina in favore di numerosi terzi acquirenti effettuata da Michele Calaiò, che operava quale pusher alle strette dipendenze del Napolitano, che lo indirizzava dai vari acquirenti. Anche quest’attività era molto redditizia (considerato che un guadagno di soli 300 euro giornalieri era motivo di rimprovero per il pusher) ed era strutturata per proseguire in ore notturne. Per tale motivo Napolitano ha rimproverato il pusher di essersi rifiutato di effettuare una consegna richiesta alle 4 del mattino.

Nel corso delle indagini è emersa anche una separata e autonoma attività di spaccio di cocaina effettuata da Emanuele D’Angelo del Borgo Vecchio in concorso con Carlo Marchese del rione Capo. Si è scoperto che i due utilizzavano congiuntamente, alternandosi in turni di servizio, la medesima utenza telefonica per ricevere le chiamate dagli acquirenti, cui seguiva la fissazione dell’appuntamento per la cessione della sostanza.

D’Angelo, in tale contesto, è stato arrestato per cessione di cocaina e detenzione di 5 confezioni in cellophane contenenti ciascuna 0,5 gr. di cocaina. Lo stesso, tra l’altro, custodiva la somma di 335 euro divisa in banconote da piccolo taglio, ritenuta provento dell’attività di spaccio.  

Un ulteriore sviluppo investigativo avviato su Michele Pagano ha consentito di ricostruire un furto in abitazione, avvenuto in ore serali in zona Noce, da cui sono stati rubati gioielli, orologi e documenti personali per un valore complessivo di circa 6mila euro.

Responsabili del furto in abitazione, in concorso con Pagano, erano Raoul Bova e i germani Ivan e William Errante. Quest’ultimo, che era stato ospitato per diversi mesi nell’abitazione poi derubata, aveva fornito, infatti, le informazioni necessarie ai complici. 

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