PALERMO – La seconda sezione della Cassazione ha emesso una condanna definitiva, altre sei – invece – passeranno al vaglio della Corte d’Appello che dovrà riesaminare solo l’aggravante dell’odio razziale, accertata la responsabilità.
Il processo vede al centro una banda di palermitani, non affiliati a Cosa Nostra, che, nel 2016, seminò il panico tra i commercianti stranieri di via Maqueda a Palermo con l’imposizione del pizzo e varie azioni violente.
Alfredo Caruso – l’unico imputato per cui il processo si chiude definitivamente – dovrà scontare 5 anni e mezzo di reclusione.
Da rivedere invece la condanna inflitta a Emanuele Campo (difeso dall’avvocato Fabio Cosentino), al quale erano stati inflitti 5 anni e mezzo di carcere in Appello e per cui, tra primo e secondo grado, erano venute meno sia l’aggravante mafiosa che quella dell’odio razziale.
Annullate con rinvio, ma soltanto in relazione alla sussistenza dell’aggravante dell’odio razziale, le condanne di Giuseppe Rubino (9 anni 5 mesi e 15 giorni), Emanuele Rubino (9 anni e mezzo), Santo Rubino (8 anni e 5 mesi), Carlo Fortuna (3 anni e 8 mesi) e Giovanni Castronovo (6 anni e 10 mesi).
Il processo era nato dall’operazione “Maqueda” del 2016, quando un gruppo di commercianti stranieri, anche con l’aiuto di Addiopizzo, avevano deciso di denunciare soprusi, vessazioni e il racket ai quali sarebbero stati sottoposti dagli imputati.
Con una sentenza storica, emessa ad aprile del 2019 dalla terza sezione del Tribunale, presieduta da Daniela Vascellaro, era stato condannato il gruppo di palermitani.
I commercianti non avevano esitato a testimoniare anche in aula, illustrando un quadro “allarmante e terrificante“, come lo avevano definito anche i pm.