Palermo, cerimonia di commemorazione del giudice Rocco Chinnici a 41 anni dalla scomparsa

Palermo, cerimonia di commemorazione del giudice Rocco Chinnici a 41 anni dalla scomparsa

PALERMO – Cerimonia di commemorazione del giudice Rocco Chinnici, ricordato questa mattina a Palermo, a 41 anni dalla scomparsa, ucciso dalla mafia per mezzo di un autobomba.

All’interno della chiesa di “San Michele Arcangelo” è stata celebrata una messa, officiata dal Parroco Don Alerio Montalbano e dal Cappellano Militare Don Salvatore Falzone in ricordo dei caduti.

Erano presenti Renato Schifani, presidente della Regione, Antonello Cracolici, presidente della commissione regionale Antimafia, Pietro Cannella, vice sindaco, Giulio Tantillo, presidente del consiglio comunale, Matteo Frasca, presidente della Corte di appello di Palermo, Lia Sava, procuratrice generale, i vertici delle forze dell’ordine, e naturalmente i figli Caterina e Giovanni Chinnici.

Le parole della figlia

Rocco Chinnici ha avuto la capacità di innovare in modo davvero significativo il metodo di contrasto alla mafia: al tempo le sue innovazioni non furono del tutto comprese, ma oggi sono patrimonio della legislazione europea. Mi riferisco alla cooperazione giudiziaria e delle forze di Polizia, allo scambio di informazioni e alle misure patrimoniali“. – Ha detto l’eurodeputata Caterina Chinnici, figlia del giudice.

Mio padre – ha aggiunto- diede un contributo importante alla legge Rognoni-La Torre per quanto riguarda le confische, ma anche all’introduzione del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Nei dieci anni che ho trascorso al Parlamento europeo ho portato avanti il suo lavoro e così farò nei prossimi cinque. L’obiettivo era far diventare questo lavoro patrimonio dell’intera Ue nella lotta alla criminalità organizzata, che ha caratteristiche transnazionali: Rocco Chinnici questo l’aveva già intuito e io porto avanti il suo lavoro, per consolidare questo impegno che tanti magistrati hanno portato avanti dopo di lui“.

Per commemorare Chinnici, il maresciallo Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta e il portiere dello stabile di via Pipitone Federico, Stefano Li Sacchi, è stata deposta una corona di alloro.

Altre dichiarazioni

Il giudice Rocco Chinnici credeva fortemente nell’importanza che nella società, e soprattutto nei più giovani, nascesse una nuova coscienza nel contrasto alla mafia. E la sua lezione non va dimenticata: vincere contro la criminalità organizzata è una conquista quotidiana che richiede un cambiamento culturale. Lui per primo diede il via a una svolta nella lotta a cosa nostra creando un metodo che ancora adesso dà i suoi frutti. I suoi insegnamenti sono quanto mai attuali ed è nostro dovere custodirli e metterli in pratica“.

Questo quanto dichiarato dal presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, in occasione del 41esimo anniversario dell’attentato in cui persero la vita il capo dell’Ufficio istruzione, Rocco Chinnici, i due uomini della sua scorta, il maresciallo Mario Trapassi e l’appuntato Salvatore Bartolotta, e Stefano Li Sacchi, il portiere dello stabile nel quale il giudice viveva, ferito invece l’autista dell’auto blindata del magistrato, Giovanni Paparcuri.

Le fasi della cerimonia commemorativa che ha riunito i numerosi presenti nel toccante ricordo dei caduti, sono state scandite dalla deposizione di una corona d’alloro sul luogo dell’assassinio, in via Pipitone Federico, rendendo gli onori e dando inoltre lettura della motivazione della M.O.V.C. concessa ai decorati.

Alla celebrazione sono intervenuti oltre i familiari dei decorati e dei feriti sopravvissuti al vile attentato, anche il Comandante della Legione “Sicilia”, il Generale di Divisione Giuseppe Spina, insieme alle massime autorità civili e militari locali e regionali.

Emozionato il ricordo del Generale Spina, che ha manifestato un sentimento di calorosa vicinanza ai familiari dei caduti, per l’immane dolore che hanno dovuto affrontare per la drammatica uccisione dei loro cari, evidenziando inoltre come la tragica uccisione di questi uomini, imponga una riflessione sul significato del sacrificio della vita nell’adempimento del dovere, che va oltre l’adempimento di un obbligo, perché significherebbe “mettere a disposizione” la propria vita al servizio del bene comune. La grandezza del sacrificio nell’adempimento del dovere risiede nella scelta di fare ciò che è giusto nonostante tutto, affrontando i rischi estremi per svolgere il proprio dovere che, con il sacrifico della vita, rappresenta per un servitore dello Stato il punto più alto dell’altruismo.