Cronaca

Operazioni Stirpe e Tentacoli, 16 arresti in Sicilia per mafia ed estorsione: ecco come chiedevano il pizzo in città – NOMI e VIDEO

PALERMO – La Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – sezione territoriale di Palermo ha delegato la Polizia di Stato e i carabinieri di Palermo per l’esecuzione di un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso nell’ambito del procedimento penale nr. 9055/21 R.G.N.R. Mod. 21, nei confronti di 16 indagati ritenuti a vario titolo responsabili di associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata del metodo mafioso. La ricostruzione dei fatti che segue è fondata sui gravi indizi di colpevolezza prospettati dalla D.D.A. – Sezione territoriale di Palermo. La Polizia di Stato ha concentrato le investigazioni sui contesti territoriali di pertinenza delle famiglie mafiose della Roccella e di Brancaccio da cui sono scaturiti gli arresti di:

  • Giovanni Di Lisciandro, 70 anni, nato a Palermo;
  • Stefano Nolano, 42 anni, nato a Palermo;
  • Angelo Vitrano, 63 anni, nato a Palermo;
  • Maurizio Di Fede, 53 anni, nato a Palermo;
  • Gaspare Sanseverino, 48 anni, nato a Palermo;
  • Girolamo Celesia, 53 anni, nato a Palermo;
  • Sebastiano Caccamo, 66 anni, nato a Palermo;
  • Giuseppe Ciresi, 32 anni, nato a Palermo;
  • Onofrio Claudio Palma, 43 anni, nato a Palermo;
  • Rosario Montalbano, 35 anni, nato a Palermo;
  • Filippo Marcello Tutino, 60 anni, nato a Caltanissetta;
  • Salvatore Gucciardi, 41 anni, nato a Palermo;
  • Giuseppe Caserta, 46 anni, nato a Palermo.

I soggetti sono indagati, a diverso titolo, per associazione mafiosa, armi, ed estorsione aggravata.

Si tratta di una vasta operazione che giunge al termine di due anni di indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, che hanno riguardato il mandamento mafioso di Brancaccio-Ciaculli sulla scia delle operazioni “Maredolce” 1 “Maredolce” 2 e “Sperone” concluse tra il 2017 e il 2019.

Sono stati individuati capi e gregari delle famiglie mafiose della Roccella e di Brancaccio e ricostruite le loro responsabilità in ordine a più di 50 episodi estorsivi in danno di quasi altrettanti operatori economici.

Le investigazioni della Polizia di Stato hanno restituito il quadro di una porzione di territorio fortemente condizionata dalla presenza di Cosa nostra, dove gli stessi imprenditori o commercianti, prima di avviare le loro attività, avvertono la necessità di “essere autorizzati” dal referente mafioso della zona.

Le vicende di pizzo documentate, grazie alla intraprendenza e conoscenza del territorio degli operatori della Squadra Mobile, hanno riguardato supermercati, autodemolitori, macellerie, bar, discoteche, farmacie, panifici, imprese di costruzione, rivendite di auto e altri ancora per un totale di quasi 50 episodi ricostruiti, e quasi altrettanti esercenti, a fronte di nessuna denuncia pervenuta alle forza dell’ordine.

In alcuni casi, i commercianti si sono preoccupati di non figurare nel “libro mastro” delle estorsioni o di offrire all’estortore un escamotage per eludere eventuali controlli di polizia. A ulteriore testimonianza della pervicacia dell’azione mafiosa, perfino durante l’emergenza epidemiologica, i pochi negozianti rimasti aperti, peraltro con volumi da affari assolutamente esigui, sono stati costretti a versare l’obolo mafioso.

Secondo le risultanza degli investigatori, al vertice della famiglia mafiosa della Roccella sarebbero Giovanni Di Lisciandro e Stefano Nolano. Questi hanno gestito la rete relazionale mafiosa fissando gli incontri con gli altri sodali con la massima riservatezza, hanno gestito i proventi delle estorsioni e del traffico di stupefacenti con particolare attenzione al mantenimento dei familiari dei detenuti.

A Vitrano, altro elemento di rilievo della compagine mafiosa, erano affidati compiti di raccordo con gli elementi di spicco della famiglia di Ciaculli e di coordinamento del “lavoro” di Maurizio Di Fede. Quest’ultimo è indiziato di essere la mente operativa della famiglia mafiosa, con compiti di promozione ed organizzazione delle attività estorsive e del traffico di stupefacenti.

È a capo di una schiera di soldati molto attivi sul territorio, sempre pronti non solo a raccogliere il pizzo dai commercianti ma anche ad effettuare sistematiche perlustrazioni della zona alla ricerca di nuove attività commerciali da includere nella lista degli estorti. Tra questi, Montalbano, Gucciardi, Palma e Ciresi, anch’essi ritenuti organici alla compagine mafiosa della Roccella

A questi ultimi bastava loro avvicinarsi ai commercianti, senza necessità di minacce esplicite, per ottenere quanto preteso. È stata anche accertata dalla Polizia di Stato la disponibilità di armi in capo al gruppo; armi perfettamente funzionanti, a disposizione della famiglia mafiosa, pronte per essere utilizzate per i loro scopi criminali.

In diversi casi, inoltre, è stato necessario predisporre, da parte della Squadra Mobile, servizi specifici per prevenire rapine o spedizioni punitive in danno di quanti fossero stati riconosciuti dalla famiglia come ostacoli per i loro affari illeciti.

Per la famiglia di Brancaccio, spiccano i nomi di Girolamo Celesia e Filippo Marcello Tutino. Celesia, considerato personaggio di rilievo in seno alla famiglia mafiosa, ha partecipato a riunioni a massimi livelli del mandamento mafioso, anche con i Greco di Ciaculli, e coordinato le attività criminali, droga ed estorsioni, sul territorio. Ha anche gestito personalmente alcune estorsioni in danno di esercizi commerciali della zona.

Un ruolo di rilievo spetta anche a Filippo Marcello Tutino che ha fatto valere la sua esperienza ed il suo blasone mafioso nella gestione dei rapporti tra i sodali dispensando consigli anche sulle modalità di approccio nei confronti delle vittime di estorsione.

Tra gli esattori della famiglia di Brancaccio, figura Gaspare Sanseverino, punto di riferimento di Celesia e della famiglia per le estorsioni e per una vera e propria mappatura delle attività commerciali sul territorio.

Singolare è la posizione di Giuseppe Caserta, elemento di spicco della famiglia mafiosa di Brancaccio. Scarcerato poco meno di due mesi fa, Caserta si è subito proposto agli attuali vertici di Brancaccio mettendosi “a diposizione” e rivendicando un ruolo in seno alla compagine mafiosa.

I carabinieri, che si sono concentrati sul vertice del mandamento di Ciaculli–Brancaccio, hanno sottoposto a fermo di indiziato di delitto:

  • Giuseppe Greco, 63 anni;
  • Ignazio Ingrassia, 71 anni;
  • Giuseppe Giuliano, 58 anni.

In particolare, l’attività di indagine è scaturita dalle acquisizioni antecedenti al fermo (operazione Cupola 2.0) di Leandro greco che avevano messo in luce il rapporto tra il giovanissimo referente della commissione provinciale di Cosa nostra e capo mandamento di Ciaculli e il cugino Giuseppe Greco, detto “il senatore”. È stato infatti possibile accertare che a seguito dell’arresto di Leandro il mandamento mafioso è stato retto da Giuseppe che si è occupato di relazionarsi con le dipendenti famiglie mafiose di Brancaccio, Roccella e Corso dei Mille.

Il presupposto per assicurare nel tempo ai due l’egemonia sulle altre famiglie assorbite sotto l’influenza del mandamento mafioso di Ciaculli (già Brancaccio) è stato assicurato dal rapporto di parentela con il noto boss mafioso Michele Greco detto il papa. Leandro ne è infatti nipote in linea diretta mentre Giuseppe Greco è figlio di Salvatore greco, detto Il senatore, fratello di Michele.

Le investigazioni hanno inoltre consentito di individuare la figura del consigliere del boss Greco, impersonato da Ignazio Ingrassia detto il boiacane. L’anziano mafioso ha fornito il suo apporto al vertice del mandamento nella gestione di delicate tematiche territoriali.

Il duumvirato Greco-Ingrassia si è infatti occupato di gestire le dinamiche legate al sostentamento economico delle famiglie dei carcerati appartenenti al mandamento, reperendo le risorse grazie a una vasta e complicata rete di attività illecite. Le indagini dei carabinieri hanno dimostrato infatti che il vertice imponesse un vero e proprio controllo capillare del territorio intervenendo nella compravendita di terreni e immobili (cd. sensaleria), e gestendo le dinamiche di approvvigionamento e smercio di droga nel Palermitano.

La sensaleria caratterizza storicamente il modus operandi delle compagini mafiose e costituisce un caratteristico strumento di imposizione della propria egemonia sul territorio. Le indagini condotte dall’arma hanno tuttavia acclarato che la forza intimidatrice degli uomini d’onore di Ciaculli fosse in grado di raggiungere dimensioni ancora più invasive rispetto alla mera richiesta del pagamento di una tangente sulla compravendita di immobili e terreni. Il boss Greco, coadiuvato da alcuni membri della locale famiglia mafiosa, ha infatti in un’occasione imposto la vendita di un immobile in favore di un sodale obbligando il legittimo promesso acquirente a rinunciare all’affare.

Il vertice del mandamento si è inoltre occupato dell’amministrazione del circuito dell’approvvigionamento e smercio di sostanze stupefacenti, costringendo alcuni soggetti dediti al fruttuoso affare, a versare somme di denaro da destinare alla cassa del mandamento mafioso. Giuseppe Greco è riuscito inoltre ad intessere un delicato rapporto di coordinamento tra i mandamenti palermitani al fine di acquistare all’ingrosso stupefacenti dalla ‘ndrangheta calabrese che, come è noto, è il più grande importatore in Italia di cocaina.

Le indagini hanno consentito di documentare che il canale di comunicazione con gli esponenti calabresi sia stato tenuto da Ingrassia Ignazio, influente e anziano esponente del mandamento di Ciaculli, il quale ha dato prova anche in altre circostanze di possedere un ramificato e ampio circuito relazionale con esponenti di diverse altre organizzazioni criminali.

La figura di Ingrassia emerge inoltre in dinamiche che fanno trasparire la dimensione transnazionale dell’influenza degli uomini d’onore di Ciaculli, acclarandone il costante contatto con cosa nostra americana. Un elemento di assoluto rilievo in tal senso è stato acquisito dagli inquirenti in occasione dell’omicidio del mafioso newyorkese Frank Calì, esponente apicale della famiglia Gambino di New York, comunicata tempestivamente all’anziano consigliere del boss Greco.

Il quadro probatorio ricostruito dai carabinieri ha infine permesso di fornire una situazione completa della locale realtà mafiosa, caratterizzata da una diatriba interna alla famiglia mafiosa di corso dei Mille. Gli inquirenti hanno infatti ricostruito che fosse stata messa in discussione l’integrità, intesa nel senso di adesione alle regole non scritte imposte da cosa nostra, di un appartenente al sodalizio identificato in Giuseppe Giuliano detto il Folonari. La disputa, rientrata nell’alveo delle competenze di Giuseppe Greco, è stata amministrata dal boss in numerosi incontri intrattenuti con il Giuliano e altri membri delle limitrofe famiglie mafiose, elementi che hanno consentito di acclarare la centralità della figura del senatore nella gestione delle dinamiche mandamentali e di acquisire indizi indicanti l’adesione al sodalizio criminale di Giuliano.

Le acquisizioni dei carabinieri hanno in definitiva acclarato lo spostamento del baricentro di influenza del mandamento di Brancaccio verso la famiglia mafiosa di Ciaculli, governata dai Greco, che, dopo gli eventi della seconda guerra di mafia, forte della sua eredità storica assicurata dalla parentela con il papa e della ritrovata autorevolezza dei vertici del mandamento, punta a riacquisire l’egemonia sul territorio palermitano, come evidenziato del tentativo di ricostituzione della commissione provinciale di cosa nostra fortemente voluto da Leandro Greco detto Michele.

Redazione

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