Operazione “Maqueda”, il gip convalida i fermi degli arrestati

PALERMO – Il giudice per le indagini preliminari, Nicola Aiello, ritenendo che “risulta provata la consumazione di numerosi e gravissimi delitti commessi nel rione Ballarò di Palermo ad opera di taluni soggetti facenti capo ai fratelli Rubino”, ha dato esecuzione di convalida ai fermi effettuati in occasione dell’operazione “Maqueda” di lunedì scorso. L’unico soggetto ad essere rimesso in libertà è Emanuele Campo.

Il gip ha anche accolto la richiesta di custodia cautelare in carcere avanzata pubblico ministero nei confronti di Santo Rubino, 48 anni, già detenuto in quanto condannato per spaccio di stupefacenti e di Emanuele Rubino, 28 anni, in regime restrittivo poiché responsabile del tentato omicidio di Yusupha Susso avvenuto il 2 aprile scorso.

Entrambi dovranno rispondere di numerose estorsioni, rapine, minacce e violenze private, dal momento che proprio loro erano tra i soggetti più attivi del gruppo malavitoso che da anni terrorizzava i commercianti di Ballarò.

L’OPERAZIONE: Lo scorso lunedì 23 maggio la Polizia di Stato di Palermo, con l’operazione “Maqueda” aveva eseguito dieci arresti nei confronti di altrettanti soggetti accusati di far parte di un gruppo che teneva sotto controllo una parte del quartiere Ballarò di Palermo e responsabile di decine di reati aggravati dal metodo mafioso e dalla discriminazione razziale, vicini alle famiglie mafiose di “Palermo Centro”.

Protagonista era un pericoloso gruppo armato che per lungo tempo si è imposto sul territorio del centro storico della città, terrorizzando i commercianti stranieri. I reati erano variegati: tentato omicidio, estorsione, incendio, rapina, violenza privata e lesioni personali, tutti perpetrati ai danni di commercianti extracomunitari

La regola che vigeva era quella del “se vuoi aprire il negozio, senza avere problemi, devi pagare”. Una volta avviata l’attività, i commercianti erano obbligati a versare l’obolo con una cadenza settimanale. Chi non rispettava i malviventi rischiava pesanti ritorsioni, che andavano dalle minacce aggravate, anche dalla disponibilità di numerose armi, a veri e propri pestaggi.

Le indagini avevano avuto un decisivo impulso dal fermo di Emanuele Rubino per il tentato omicidio di Yusupha Susso, evento che aveva provocato una reazione a catena tra i commercianti che, superata la paura, avevano deciso di raccontare la loro “odissea”.