Operazione Falco: le estorsioni per il sostegno ai detenuti, il rispetto e le intercettazioni

PALERMO – Questa mattina, a Palermo, i carabinieri del Ros e del comando provinciale, hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari emessa dal gip del tribunale di Palermo su richiesta della procura distrettuale antimafia, nei confronti di 27 persone indagate per partecipazione ad associazione mafiosa (famiglia di cosa nostra di Santa Maria di Gesù), estorsione, traffico di stupefacenti, rissa, furto, trasferimento illegale di denaro ed esercizio abusivo di attività di gioco o di scommessa.

La famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù è stata in grado di esercitare a pieno il controllo sul territorio, praticando estorsioni, senza che elcuna delle vittime abbia denunciato le imposizioni subite.

Allo stesso tempo, parliamo di personalità riconosciute anche a livello esterno dell’associazione, infatti alcuni imprenditori hanno fatto ricorso agli indagati per ottenere la commissione di lavori presso terzi. Ai minori esponenti della famiglia, anche se talvolta accompagnati da persone di maggior peso criminale, era, inoltre, delegato anche l’esercizio della violenza necessario per mantenere il controllo sul territorio.

Le intercettazioni, eseguite in luoghi considerati assolutamente sicuri dagli indagati, hanno consentito di accertare il ferreo e ortodosso rispetto delle regole di Cosa Nostra. Salvatore Profeta e Giuseppe Natale Gambino, hanno impartito vere e proprie lezioni di mafia ai più giovani affiliati, con riferimento a regole di comportamento e di interrelazione gerarchica.

Proprio in occasione di un rimprovero mosso da Giuseppe Greco a Gambino, le parole utilizzate dal rimproverato per discolparsi hanno rappresentato il primo caso in cui gli indagati intercettati hanno esternato l’esistenza Cosa Nostra. Quest’ultima è stata invocata come entità d’appartenenza di supremo e incondizionato rispetto e rispetto alla quale l’affiliato mai avrebbe disatteso gli ordini ricevuti (“Quando parliamo di Cosa Nostra… parliamo di Cosa Nostra! Quando dobbiamo babbiare …babbiamo!”)

La rigidità delle regole mafiose è estesa al sostentamento dei detenuti e dei familiari, rispettando un dovere imprescindibile, a cui poter assolvere attraverso gli introiti provenienti dalle estorsioni.

Le intercettazioni, infine, rivelavano l’esistenza di una cassa comune gestita per conto dell’intera famiglia. In merito, è stato possibile documentarne il passaggio da Giuseppe Natale Gambino a Francesco Pedalino in seguito alla determinazione delle cariche e dei ruoli e, dopo l’arresto di Pedalino, a Pietro Cocco, il quale ha provveduto a registrare entrate e uscite e a custodire il denaro nascondendolo.