PALERMO – Una bambola con un proiettile conficcato nella testa e “impiccata” alla porta d’ingresso di una villetta. Questa l’intimidazione messa in atto dalla mafia nei confronti di un imprenditore edile, come emerge nell’ordinanza che ha portato a sette arresti ieri a Palermo eseguiti dai carabinieri con i quali è stato dato un colpo alla mafia del quartiere Mezzomonreale.
L’obiettivo era quello di costringere la vittima a rivolgersi alla famiglia della zona per la “messa a posto”, ovviamente garantendo una percentuale dell’appalto.
Tra gli indagati figura Gioacchino Badagliacca che in un’intercettazione avrebbe raccontato dell’intimidazione all’impresa. Lo fa sfogandosi al telefono con l’anziano mafioso Antonino Anello, anche lui tra coloro che sono stati raggiunti da misura cautelare.
Badagliacca avrebbe appeso la bambola al cancello di un imprenditore. Quindi si è lamentato di averlo fatto da solo.
“Zio Ninì, io, sono uscito la notte io! Anche questa cosa, cioè, si doveva andare a fare la bambola. A metterci un segnale per farli venire perché avevano preso impegni in questi due anni che io sono stato lì dentro“, queste le parole.
In pratica Badagliacca, come scrive il gip, voleva costringere l’imprenditore ad affidare l’appalto della ristrutturazione di un immobile all’impresa indicata dalla famiglia mafiosa.
Intento però venuto meno perché il titolare denunciò tutto.