PALERMO – L’ex procuratore di Palermo Giancarlo Caselli, nel corso della sua audizione davanti alla commissione nazionale antimafia nell’ambito delle attività d’indagine svolte sulla strage che provocò la morte del giudice Borsellino e alla sua scorta, ha rilasciato delle dichiarazioni.
Morte Paolo Borsellino: le parole di Caselli
“Non ci sono elementi per dire che la strage via D’Amelio sia collegata all’indagine mafia-appalti e, inoltre, nè prima del mio arrivo alla procura di Palermo nè dopo c’è stata una cattiva gestione di quell’indagine”.
“Ridurre la morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, eroi moderni di epica grandezza, al tentativo di fermare l’inchiesta mafia-appalti significa ridimensionare il loro valore storico. Entrambi, sia Falcone che Borsellino, hanno perso la vita per una vendetta postuma di Cosa nostra che li riteneva i suoi peggiori nemici”.
“Fermarono Borsellino per impedire che riferisse ai magistrati di Caltanissetta, qualora mai l’avessero convocato, quanto a sua conoscenza sull’attentato a Falcone”. “Trovo ingiusto strumentalizzare una tesi a discapito di altre”, ha aggiunto.
Il ricordo della magistratura di quegli anni
Caselli, che ha retto al Pocura di Palermo dopo le stragi mafiose del ’92 (dal 1993 al 1999), ha anche ricordato i successi dell’azione della magistratura di quegli anni.
“Dopo la reazione dello Stato seguita agli attentati del ’92 c’è stato il più alto numero di collaborazioni con la giustizia, segno di un cambio di egemonia politica e sociale perché il mafioso si pente quando si fida dello Stato – ha spiegato – non dimentichiamo poi i successi contro l’ala militare di cosa nostra, che ha subito colpi durissimi (come le condanne a 650 ergastoli e centinaia di anni di carcere), e le indagini sul lato oscuro dei rapporti tra pezzi Stato e boss”. Caselli ha rivendicato dunque i meriti e i successi della sua Procura. “Quei magistrati – ha spiegato – hanno diritto a rispetto autentico e spargere fango non è compito della commissione Antimafia”.