PALERMO – L’8 febbraio scorso si è verificata a Palermo una “processione clandestina“, nonostante il divieto dei funerali imposto dal Questore, per Fabio Gloria, un boss mafioso morto in cella, lo scorso gennaio. La processione è stata interrotta dalle Forze dell’Ordine, che sono state oggetto di intimidazioni e aggressioni da parte dei presenti. Cinque agenti sono rimasti feriti durante la colluttazione.
La Questura di Palermo ha precisato che due operatori della Polizia Scientifica, impegnati a registrare gli eventi, sono stati aggrediti e hanno riportato contusioni. Otto persone sono state denunciate per reati che vanno dalla violenza e lesioni a pubblico ufficiale all’inosservanza dei provvedimenti dell’autorità e alle minacce aggravate. Questo è solo l’ultimo di una serie di casi in cui la Questura di Palermo ha vietato i funerali di persone legate alla mafia, come parte degli sforzi per contrastare il potere della criminalità organizzata nella città.
Il provvedimento della Questura di Palermo
Dopo la morte di Fabio Gloria, la Questura di Palermo ha vietato lo svolgimento del corteo funebre in forma solenne ai suoi familiari, ai Servizi Cimiteriali del Comune e al Parroco della Parrocchia di Sant’Ambrogio, ex art. 27 TULPS. Nonostante ciò, la salma è stata trovata sulla sede stradale in orario antecedente a quello stabilito dalle prescrizioni del decreto, trasportata con un carrello elevatore. Il personale dipendente incaricato del servizio di ordine pubblico ha individuato 100 persone che seguivano i familiari del boss, che portavano a spalla la bara per le vie del quartiere di nascita.
I partecipanti sono stati immediatamente intimati di interrompere il movimento non autorizzato e di rispettare il percorso stabilito dal decreto questorile, ma hanno reagito con invettive e un atteggiamento ostile. Nel corso di queste interazioni, gli operatori della Polizia Scientifica sono stati aggrediti e hanno subito lesioni. In totale, otto persone sono state denunciate per varie violazioni delle leggi.
In un quadro più ampio, il Questore di Palermo ha emesso 31 decreti dal 2021 per vietare le esequie pubbliche di persone legate alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Come misure di prevenzione, sono state adottate due sorveglianze speciali e sei avvisi orali del Questore.
Le origini della spettacolarizzazione dei funerali dei boss
In molte culture, i fuochi d’artificio sono spesso associati a celebrazioni e festività. Tuttavia, in alcune parti del mondo, come ad esempio in alcune aree dell’Italia, i fuochi d’artificio possono essere anche associati ai funerali dei capi della mafia.
Questa pratica risale alla tradizione della Camorra, che risale al 1800, quando la mafia napoletana iniziò a utilizzare i fuochi d’artificio durante i funerali dei propri membri per celebrare la vita del defunto e per creare un’atmosfera di rispetto e di spettacolo. Questa usanza, che può sembrare sorprendente, è stata associata alla cultura mafiosa dell’isola, in cui la figura del boss era spesso celebrata come un eroe popolare.
Inoltre, la presenza dei fuochi d’artificio ai funerali dei boss potrebbe essere vista anche come una dimostrazione di forza e potere della mafia, che può permettersi di organizzare un evento così costoso e spettacolare. Tuttavia, va sottolineato, che questo tipo di pratica è illegale e contrasta con la legge e le norme che regolamentano la sicurezza dei cittadini e l’utilizzo dei fuochi d’artificio e le autorità italiane hanno cercato di contrastare l’immagine romantizzata della mafia e le pratiche che la celebrano.
Preti che hanno rifiutato di celebrare i funerali di boss mafiosi
Ci sono diversi casi di preti che hanno deciso di non celebrare i funerali dei boss mafiosi per motivi etici e morali. Ad esempio, nel 1992 il vescovo di Palermo, monsignor Salvatore Pappalardo, ha vietato ai preti della diocesi di celebrare i funerali dei boss mafiosi, affermando che “la Chiesa non può accordare onori a coloro che hanno fatto del male”.
Nel 2014, il vescovo di Noto, monsignor Antonio Staglianò, ha deciso di non celebrare il funerale di un boss mafioso locale, dichiarando che “la Chiesa è chiamata a testimoniare la verità, la giustizia e la pace, e non può associarsi a quelle azioni che negano questi valori fondamentali della vita cristiana”.
Ci sono stati anche casi in cui i preti hanno subito pressioni e minacce da parte della mafia per celebrare i funerali dei boss, ma molti di loro hanno resistito e hanno scelto di non cedere alla corruzione e al potere della mafia.