TERMINI IMERESE – Cuccioli morti nel box assieme ad altri cani vivi, spaventati, terrorizzati e carcasse di cani sepolti negli spazi all’aperto. Questo è ciò che è stato trovato dagli attivisti del movimento animalista “Stop Animal Crimes Italia” – neo movimento animalista costituito da esperti in materia – nella mattina di mercoledì 14 aprile in un terreno nella disponibilità del gestore del canile comunale di Termini Imerese (PA).
Gli attivisti hanno immediatamente contattato le autorità (polizia locale e Asp) che, giunte in loco, hanno compiuto accertamenti.
“A differenza di altre volte non abbiamo trovato collaborazione nelle autorità intervenute che – a detta di molti – erano a conoscenza, come altri attori istituzionali, di tale situazione che si perpetua da anni. Al contrario, ci siamo sentiti trattati come fossimo noi in errore piuttosto che il gestore responsabile dei decessi e dello smaltimento illecito. Per tale motivo, non conosciamo l’esito dell’accertamento che, secondo le informazioni raccolte dai vigili intervenuti, dovrebbe concludersi con un sequestro come dispone la normativa vigente”, si legge in una nota.
Il Movimento depositerà alla Procura della Repubblica una querela nei confronti della donna, M.M., del proprietario del terreno, della Asl e di altri soggetti per le ipotesi di reato di uccisione e maltrattamento di animali, inquinamento e smaltimento illecito di rifiuti, confidando nell’autorità giudiziaria affinché faccia luce una volta per tutte sulla situazione, che vede peraltro un gestore del canile comunale anche candidato al Comune.
Lo scorso martedì 13 aprile, a Misilmeri (PA) è stata sequestrata dalle autorità un’altra struttura perché abusiva, con 100 cani detenuti in box fatiscenti, baracche e continuamente esposti al pericolo.
“Già in passato avevamo inviato una diffida al sindaco, la struttura esiste da circa 20 anni, e pur essendo stata oggetto di sequestri precedenti e di ordinanze nulla è cambiato, nonostante questo posto fosse conosciuto dal mondo animalista palermitano (presente in loco). Ci stiamo attivando ora affinché questo ennesimo intervento non sia inutile, depositando in Procura oltre alla querela contro il gestore del canile e a chi non è intervenuto, anche l’istanza di affidamento degli animali a famiglie che è, per noi, motivo di grande preoccupazione”, scrive il gruppo animalista.
“Denunciamo un meccanismo che è diventato sistema, in cui le inadempienze delle Istituzioni preposte (Sindaci e ASP e Polizia Locale – D.M. 23 marzo 2007, L.R. n. 15 del 2000 e altre norme), i gestori di strutture (spesso abusive), parte del volontariato e donatori del nord (verosimilmente ignari) gestiscono i randagi. I volontari, gridando ai canili lager (nei quali non entrano e quindi dilagano) organizzano raccolte fondi sui social (anche la donna denunciata) per poi spedire migliaia di cani al nord, i sindaci compiaciuti omettono di occuparsi della materia (affidando appalti milionari a ditte private che poi sono le stesse che non consentono l’ingresso di adottanti nei canili al fine di non perdere la retta) e gestori di strutture private o stallanti (volontari che accudiscono randagi recuperati e ‘curati’ con le donazioni su PostePay) che accolgono cani illegalmente. Produzione randagi al sud/il nord finanzia/i cani vanno al nord”: è questa la dura denuncia del movimento.
“Un sistema che rappresenta il cancro della lotta al randagismo. Siamo certi che, pur esistendo valorosi volontari onesti, per sconfiggere il business del randagismo i sindaci devono iniziare a occuparsi dei randagi, esattamente come disciplina la legge, impedendo che i cani vengano raccolti dai volontari (vietato dalla L.R. 15/2000 regione Sicilia) ma da questi farsi aiutare e non sostituire”.
“Il nostro compito è invertire la tendenza animalista, facendo comprendere, ovviamente a chi non ha interessi in gioco, che le politiche dei tradizionali enti animalisti hanno fallito, non producendo alcun miglioramento al riguardo e che, viceversa, è necessario affidarsi a organizzazioni animaliste nuove che non hanno interessi e che non cercano visibilità. Il nostro obiettivo è esclusivamente stimolare le coscienze al cambiamento, rendendo ai Comuni e alle Asp il ruolo istituzionalmente naturale cui devono attenersi (controllo delle nascite e contrasto al randagismo) e agli animalisti il ruolo no profit con cui si registrano in Regione, impedendo o favorendo trasparenza nelle milionarie raccolte fondi private e invitando – in attesa del cambiamento – i donatori a verificare la destinazione del denaro e il suo effettivo impiego! Per quali ragioni, nonostante siano centinaia le Associazioni animaliste iscritte all’albo regionale e migliaia i volontari singoli, il randagismo in Sicilia è ancora un’emergenza e non ha mai visto anche un piccolissimo miglioramento?”, è la domanda che conclude il lungo sfogo degli animalisti, che sperano presto di avere risposte su questo orribile fenomeno che denunciano.
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