PALERMO – Definitiva la condanna per Fabrizio Miccoli, ex giocatore del Palermo. La Corte di Cassazione ha reso pubbliche le motivazioni per cui è stato rigettato il suo ricorso.
L’ex bomber dovrà scontare in carcere tre anni e sei mesi, poiché ritenuto colpevole di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Nello specifico Miccoli è accusato di aver esortato Mauro Lauricella, figlio di un mafioso, a chiedere la restituzione di 20mila euro all’imprenditore Andrea Graffagnini per conto del suo amico Giorgio Gasparini.
Gli elementi emersi fino a ora sarebbero sufficienti per dimostrare “la condivisione da parte di Fabrizio Miccoli, degli atteggiamenti ‘culturali’ di numerosi soggetti appartenenti alla criminalità mafiosa spesso tradotti esplicitamente in moduli comunicativi espressivi di disprezzo e denigrazione delle funzioni degli appartenenti alle forze dell’ordine“.
A spiegarlo sono i giudici della Cassazione che hanno motivato la decisione della condanna che è stata stabilita lo scorso 23 novembre.
“La lettura della motivazione – spiegano – dà puntualmente conto del costante controllo della vicenda da parte di Miccoli, che partecipò ad alcuni degli incontri predisposti da Lauricella con i debitori, veniva informato da Lauricella su ogni dettaglio quanto agli ulteriori incontri programmati con i debitori, agli ostacoli insorti, alle reazioni e alle scelte di far intervenire personaggi di primo piano della criminalità palermitana”.
In merito al rapporto instaurato con Lauricella, l’imputato – mostrandosi pentito – si è espresso così: “Mi divertivo con lui, ma non sapevo fosse il figlio di un mafioso. Comunque è una persona alla quale voglio bene“.
A fare particolare scalpore le intercettazioni che, risalenti a oltre dieci anni fa, conterrebbero delle frasi ingiuriose pronunciate da Miccoli e Lauricella all’indirizzo del giudice Giovanni Falcone.
Foto di repertorio
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