Era il 22 agosto 1864: dodici potenze del tempo (11 Paesi europei più gli Stati Uniti) approvarono la Prima Convenzione di Ginevra “per il miglioramento delle condizioni dei militari feriti in guerra”. Quella data è ancora importante dopo 157 anni, in quanto sancì la nascita del diritto internazionale umanitario.
Al posto di quell’unica Convenzione, composta da appena 10 articoli, oggi sono in vigore le 4 Convenzioni di Ginevra (approvate nel 1949) e tre Protocolli aggiuntivi (i primi due, relativi alla “protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali” e “non internazionali”, del 1977 e l’ultimo del 2005, “relativo all’adozione di un emblema distintivo aggiuntivo” – il Cristallo Rosso). Il fatto che da un semplice documento siano nati così tanti testi testimonia come ancora oggi il diritto umanitario sia non solo importante ma anche essenziale a livello internazionale.
Conosciuto inizialmente con il nome latino “ius in bello” (diritto in guerra), il diritto internazionale umanitario ha lo scopo primario di “umanizzare” le guerre. L’obiettivo è quello di proteggere i civili e le parti fuori dal conflitto, permettere l’attività di personale e mezzi impiegati per l’aiuto umanitario e proibire i più disumani comportamenti applicati nel corso dei conflitti internazionali.
Nell’Ottocento, la brutalità degli atti bellici non era certamente qualcosa di sconosciuto. A ispirare la Convenzione di Ginevra del 1864 fu una delle innumerevoli battaglie che insanguinarono il vecchio continente durante quello che lo storico Eric Hobsbawm definiva “Lungo Ottocento”: la battaglia di Solferino del 1859.
La battaglia di Solferino fu combattuta fra gli austriaci e i francesi durante la Seconda guerra d’indipendenza italiana. Questo evento avrebbe rilevanza solo nei libri di storia, se non fosse che, alla vista delle cruente immagini dei feriti, assistiti dalla popolazione a prescindere dallo schieramento d’appartenenza, uno svizzero di nome Henry Dunant decise di fare qualcosa per rendere la guerra meno inumana.
Da quell’esperienza nacque la Croce Rossa Internazionale, che da allora ha sempre giocato un ruolo fondamentale nella protezione delle vittime dei conflitti armati. E pochi anni dopo un primo documento segnò l’inizio del diritto internazionale umanitario, per coordinare e normare a livello interstatale le attività di chi cerca di ridurre e contrastare gli effetti della guerra.
Dalla guerra di Solferino è ormai trascorso molto tempo. I testi legali sono aumentati, il diritto internazionale (umanitario e non solo) ha assunto un ruolo sempre più centrale e, in parte, anche la consapevolezza di cosa accade nel mondo è aumentata (anche grazie ai social, agli attivisti e alle risorse d’informazione disponibili online).
La disumanità in tempo di conflitto non si è attenuata neanche con il costante impegno messo in campo a livello globale, però, e questo nonostante il diritto dei diritti umani sia applicabile anche in situazioni di conflitto armato.
Yemen, Palestina, Siria e ora anche Afghanistan, l’ultima potenziale crisi umanitaria… Sono solo alcuni dei nomi più noti. Un elenco quasi “offensivo”, incapace di rendere giustizia a tutte quelle aree in guerra dove gli esseri umani (bambini compresi) non sono neanche trattati come tali. Tuttavia, la situazione attuale di questi pochi Paesi basta per comprendere quanto oggi più che mai, il peso del diritto umanitario internazionale debba essere sempre più forte.
E per ricordare ancora una volta l’importanza del lavoro a scopo umanitario nel mondo e le atrocità che cerca costantemente di proibire, è bene concludere citando la previsione comune delle Convenzioni di Ginevra (o Articolo 3 comune):
“Nel caso in cui un conflitto armato privo di carattere internazionale scoppiasse sul territorio di una delle Alte Parti contraenti, ciascuna delle Parti belligeranti è tenuta ad applicare almeno le disposizioni seguenti:
(traduzione tratta dal sito web di Studi per la Pace – qui il link)
Fonte immagine: PortalPolitico.TV
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