Quando si parla di migrazione è facile cadere in luoghi comuni capaci di creare confusione e generare delle opinioni sbagliate su un fenomeno che è molto più complicato di quanto si possa pensare. Nei secoli i flussi migratori, da una parte all’altra del globo, sono stati parte integrante di processi storici molto ampi e complessi.
Ma cosa spinge decine di migliaia di persona a lasciare il loro Paese di origine?
Le motivazioni possono essere tante e, soprattutto, possono colpire qualsiasi popolo. Tra i principali motivi vi sono le pessime condizioni di vita all’interno di un Paese; mancanza di istituzioni democratiche che impongono un regime di paura basato sulla violenza e sui soprusi costringendo le persone a fuggire; condizioni climatiche estreme; ricerca di un futuro migliore.
Nell’ultimo caso si tratta di migranti economici che lasciano la loro patria nella speranza di trovare delle condizioni di vita dignitose. Questi spesso si dirigono in zone maggiormente industrializzate capaci di offrire lavoro e diritti a un’ampia fascia di popolazione.
Il 18 dicembre viene celebrata la Giornata Internazionale per i diritti dei migranti, istituita nel 2000 dall’Assemblea Generale dell’Onu in onore della Convenzione Internazionale sulla Protezione dei Diritti di Tutti i Lavoratori Migranti e dei Membri delle loro Famiglie approvata e firmata 10 anni prima.
La Convenzione Internazionale venne firmata nel 1990 ed entrò in vigore nel luglio del 2003 quando venne sottoscritta anche dai governi di El Salvador e Guatemala raggiungendo il numero necessario per l’entrata in vigore. L’obiettivo del trattato era quello di tutelare e di promuovere la protezione dei diritti umani dei migranti e dei lavoratori migranti.
Un significativo impulso alla stesura del documento venne dal gruppo formato da Finlandia, Grecia, Italia, Norvegia, Portogallo, Spagna e Svezia. Anche l’ILO (Organizzazione internazionale del lavoro) partecipò attivamente alla fase di redazione della Convenzione con un ruolo consultivo anche se alla fine dei lavori alcuni non lo firmarono, l’Italia e molti paesi europei sono tra questi. La mancanza della ratifica da parte dei Paesi industrializzati – luoghi di arrivo – non è molto chiara e potrebbe risiedere nella mancanza di politiche interne capaci di assimilare un numero considerevole di arrivi.
L’importanza di creare un documento che riconoscesse e tutelasse i migranti e i lavoratori perché essere umani nacque a seguito di tremendo fatto di cronaca. Nel 1972 un camion diretto in Francia che avrebbe dovuto trasportare macchine da cucire ebbe un incidente nel tunnel del Monte Bianco in cui 28 lavoratori africani che si trovavano all’interno del mezzo provenienti dal Mali rimasero uccisi.
Le 28 vittime stavano provando a raggiungere un Paese diverso da quello d’origine alla ricerca di un futuro migliore per loro e per le loro famiglie.
La Convenzione, oggi sottoscritta da 52 Paesi, riconosce la specifica situazione di vulnerabilità dei lavoratori migranti promuovendo condizioni di lavoro e di vita dignitose e legittime. Ha anche il compito di fornire una guida da seguire per l’applicazione di politiche nazionali basate sul rispetto dei diritti umani.
Contiene anche una serie di disposizioni per combattere gli abusi e lo sfruttamento dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie nel corso del processo migratorio. Infine, istituisce un Comitato “allo scopo di sottoporre a verifica l’applicazione della Convenzione”.
Da quel famoso 1972, nonostante gli sforzi degli organismi internazionali e dei governi nazionali, i migranti continuano a essere coinvolti in numerose tragedie che spesso costano loro la vita. Basti pensare agli innumerevoli sbarchi che da anni si susseguono sulle coste della Sicilia. Molti riescono a raggiungere la terra ferma “grazie” a delle imbarcazioni di fortuna, dopo mesi, anni di pellegrinaggi e torture subite in Africa Settentrionale. Molti, spesso bambini, rimangono vittime del mare.
L’ultima in ordine di tempo è quella che si è consumata nel Mediterraneo lo scorso 11 novembre scorso quando un gommone è affondato al largo della Libia provocando numerosi morti annegati tra i quali un bambino di appena 6 mesi scivolato dalle braccia della madre 17enne.
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