Esiste un Natale ebraico, si chiama Hanukkah e non sempre si festeggia il 25 dicembre: per i cristiani le feste più importanti legate alla religione sono certamente la Pasqua e il Natale, ma proprio quest’ultimo si è lentamente trasformato in una festa pagana, anche grazie alla sua popolarità tra i più piccoli. Per alcuni, però, il Natale porta con sé spirito di comunione, di dono, gentilezza e amore fraterno. Uno dei casi in cui ancora il Natale è strettamente legato alla spiritualità della religione è quello della Festa delle Luci, o Chanukkà (comunemente chiamato Hanukkah).
La storia
La festa di Chanukkà nasce per commemorare la consacrazione del nuovo altare nel Tempio di Gerusalemme avvenuta nel 161 a.C., quando il re greco Antioco Epifane chiese agli ebrei in Giudea di rinunciare al proprio dio e convertirsi alla religione greca. Fu lì che i templi giudaici furono distrutti, profanati e utilizzati per venerare altre divinità.
Molti ebrei accettarono il fatto, altri si ribellarono e tra questi vi era Giuda Maccabeo, che con quattro compagni riconquistò il Tempio di Gerusalemme in quasi tre anni. Lo scenario presentatosi davanti a loro, però, era sconvolgente: “Il santuario deserto, l’altare profanato, le porte bruciate, le piante cresciute nei cortili come in un bosco o come su una montagna, le celle in rovina” (Maccabei, I, 4;38). Non restava allora che rimboccarsi le maniche e riportare il luogo sacro al suo originario splendore.
Tra le prime cose da fare all’interno del tempio c’era la consacrazione del luogo, che andava infatti ri-dedicato a Dio (Hanukkah significa infatti “dedica”) secondo le modalità descritte dalle Sacre Scritture, ovvero utilizzando dell’olio d’oliva benedetto che bruciasse all’interno del Menorah (il candelabro ebraico) per otto giorni consecutivi. Sul luogo, però, si narra che non ci fosse altro che una piccola ampolla bastante per un giorno scarso.
Miracolo volle, però, che quel poco olio durasse per tutti e gli otto giorni necessari alla purificazione del luogo.
I festeggiamenti
Proprio per questo motivo la festività dura ben 8 giorni e si svolge a cavallo tra i mese di novembre e quello di dicembre.
La particolarità della festa è che usanza vuole che si accenda il famoso candelabro a otto braccia – chiamato anche chanukiah – ogni sera di fronte a una finestra o a una porta, lì le strade si tingeranno di tante piccole fiammelle per ricordare pubblicamente il miracolo della speranza. Accomunato alla festa del Natale cristiano, che l’ha riportata in auge, l’Hanukkah solitamente si svolge proprio in quei giorni, ma nel 2020 alcune coincidenze hanno fatto modo che si festeggiasse tra il 10 e il 18 dicembre.
La Festa delle Luci è vissuta con gioia e spensieratezza da grandi e piccoli, che in un primo momento ascoltano un discorso di benedizione da parte del rabbino capo e poi si lasciano andare in giochi, balli, canti e inni gioiosi. Anche in questa festa è usuale lo scambio di regali, scambiati rigorosamente mentre in tavola è servito il dolce tipico della festa, il sufganiot (simile al bombolone alla crema) che, in quanto fritto nell’olio d’oliva, ricorda il miracolo nel Tempio di Gerusalemme.
Proprio l’accensione delle candele è fondamentale per alimentare ed esprimere lo spirito della Festa delle Luci, che vede nelle fiammelle del candelabro la forza e la spiritualità del popolo ebraico, che nonostante le vessazioni e le orrende peripezie incontro cui è venuto trova di anno in anno il coraggio di credere nella luce divina. Questa luce – spiegano i Maestri ebraici – periodicamente purtroppo scompare, ma sta nel credente ritrovarla e aumentarla, farla vibrare e vivere con vigore.
Che sia cristiano, ebraico o viva in altre usanze, il bello del Natale, alla fine di tutto, sta nell’amore tra i popoli, nella gioia dei sorrisi dei bambini e nel piacere di vivere un altro nuovo momento in famiglia e con le persone che si amano per poi immortalarlo e stamparlo nella mente e che si aspetti Babbo Natale o si accendano delle luci, questa festa è da sempre la più attesa e la più amata.