MONDO – La pace dovrebbe rappresentare l’unico motivo per cui combattere, eppure ancora oggi lo si dimentica e ci si ostina a credere – inspiegabilmente – che le armi siano una valida soluzione.
È questo il caso dell’attuale guerra in Ucraina, che – soprattutto per i più anziani – appare come un drammatico ritorno al passato.
Nella mente di chi ha combattuto, o di chi semplicemente conserva con cura nella propria memoria gli aneddoti di nonni e genitori, si fa sempre più spazio la consapevolezza che la storia non ha impartito nessun insegnamento all’uomo che si illude ancora di poter risolvere le controversie con strumenti che calpestano, senza pietà, la dignità umana.
L’orrore e il degrado provocato dalla guerra è stato raccontato, tra l’altro, da diversi cantautori che – per esperienze dirette o indirette – hanno sentito il bisogno di schierarsi contro la guerra dando vita a brani di stampo pacifista, che sono sopravvissuti nel corso dei decenni e resistiti ai molteplici passaggi generazionali, per poi diventare quelli che oggi definiamo “canzoni senza tempo”.
Si tratta infatti di canzoni “immortali” poiché, anche a distanza di moltissimi anni dalla loro composizione, esaltano ideali che, oltre a essere ancora pienamente veritieri, rispecchiano molto la realtà politica, sociale e culturale della nostra epoca.
A lasciare un segno indelebile sono artisti come Fabrizio De Andrè, Francesco De Gregori, John Lennon e molti altri. Tra gli innumerevoli meriti dei cantautori di tale calibro spicca senza dubbio il loro significativo contributo dal punto di vista musicale nella diffusione di un messaggio di pace e di umanità, in un’epoca in cui di umano è rimasto ben poco.
Un inno alla pace quello di Fabrizio De Andrè che, con la pubblicazione nel 1964 del brano intitolato “La guerra di Piero”, ha voluto schierarsi con fermezza contro l’atrocità della guerra che viene descritta come una scelta totalmente estranea alla natura umana.
Il protagonista della canzone è un soldato di nome Piero che, nel momento in cui si ritrova di fronte al nemico, non può fare a meno di notare che l’unica reale differenza con il suo rivale consiste nel diverso colore della divisa. “E mentre marciavi con l’anima in spalle/Vedesti un uomo in fondo alla valle/Che aveva il tuo stesso identico umore/Ma la divisa di un altro colore”, questi i versi cantati da De André.
Sarà un attimo di esitazione a rivelarsi fatale per Piero che per un momento riuscirà a mettere da parte ogni forma di ostilità e a ritrovare il senso di umanità che credeva di aver perso: “E se gli sparo in fronte o nel cuore/Soltanto il tempo avrà per morire/Ma il tempo a me resterà per vedere/Vedere gli occhi di un uomo che muore”.
Il protagonista del brano, infatti, esiterà prima di sparare, ma non farà lo stesso il suo avversario che – spaventato – deciderà di difendersi premendo il grilletto. Piero si accascerà a terra e rivolgerà un ultimo pensiero alla sua amata “Ninetta”, la donna a cui ha dovuto dire addio prima di arruolarsi nell’esercito.
“Cadesti a terra senza un lamento/E ti accorgesti in un solo momento/Che la tua vita finiva quel giorno/E non ci sarebbe stato un ritorno”: a perdere la vita quindi è colui che ha preferito morire da uomo piuttosto che vivere da soldato, divenendo un esempio indiscusso di coraggio e di umanità, non solo per la generazione del cantautore genovese, ma anche per quelle successive.
Un inno alla speranza il brano di John Lennon che, con la sua “Imagine”, è riuscito a intravedere un bagliore di luce in mezzo all’orrore di cui l’uomo è stato artefice nel corso dei secoli. L’ex membro dei Beatles, infatti, ha messo da parte le immagini più crude e strazianti della guerra riservando invece nel suo brano un ruolo di rilievo a una realtà prettamente utopica.
“Immagina non ci siano paesi (Imagine there’s no countries)/Non è difficile da fare (It isn’t hard to do)/ Niente per cui uccidere o morire (Nothing to kill or die for)/E nemmeno religione (And no religion, too)/Immagina tutte le persone (Imagine all the people)/Vivere la vita in pace (Livin’ life in peace)”.
Una dimensione che – oltre ad avere ben poco di reale – si rivela molto distante anche dalla nostra stessa immaginazione, ma non da quella dell’artista britannico che ha offerto al panorama musicale internazionale un brano che ha attraversato i decenni senza minimamente perdere la credibilità che lo contraddistingue.
“Puoi dire che sono un sognatore (You may say I’m a dreamer)/Ma non sono il solo (But I’m not the only one)/Io spero che un giorno ti unirai a noi (I hope someday you’ll join us)/E il mondo sarà come una cosa sola (And the world will be as one)”.
Una canzone all’insegna della condivisione e dell’abbattimento di qualsiasi barriera sociale, politica o culturale. Un’occasione per prendere una boccata di ossigeno dalle circostanze di degrado di cui l’uomo si è drammaticamente reso protagonista, oltre che un’opportunità per osservare il mondo da un punto di vista totalmente inedito e inaspettato.
Tra le canzoni più apprezzate di De Gregori non si può non citare “Generale” che, pubblicata nel 1978, è diventata un importante simbolo di protesta contro la guerra.
Sebbene la canzone sia divenuta un vero e proprio manifesto di stampo pacifista da adattare a qualsiasi situazione conflittuale, le ambientazioni e i paesaggi descritti dal cantautore sono riferiti a un luogo ben preciso: la collina di Tarces della Val Venosta, in Alto Adige, in cui De Gregori avrebbe prestato servizio militare e in cui, tra l’altro, avrebbero avuto luogo nel 1956 degli atti terroristici volti a far conquistare l’indipendenza al Trentino Alto Adige.
“Generale dietro la collina/Ci sta la notte crucca e assassina/E in mezzo al prato c’è una contadina/Curva sul tramonto, sembra una bambina/Di cinquant’anni e di cinque figli/Venuti al mondo come conigli/Partiti al mondo come soldati/E non ancora tornati”.
Un brano che pone davanti agli occhi dell’ascoltatore immagini e metafore fortemente realistiche, con l’obiettivo di mostrare le diverse conseguenze della guerra, a partire dallo stato d’animo dei soldati che sentono una forte nostalgia di casa e della propria quotidianità.
Il famosissimo brano dei Cranberries, intitolato “Zombie” e pubblicato nel 1994, è stato scritto come atto di denuncia nei confronti dell’attentato a Warrington del 1993 rivendicato dall’Ira (Irish Republican Army), il gruppo terroristico che in quegli anni voleva porre fine alla presenza britannica nell’Irlanda del Nord.
Il testo della canzone, in particolare, è stato scritto in memoria di due ragazzini deceduti a seguito dell’esplosione di una bomba.
Il titolo fa riferimento agli zombie, delle creature privi di identità, che si limitano a eseguire gli ordini che gli vengono impartiti.
La canzone ebbe un successo tale da riuscire sorprendentemente a influire sulle decisioni dell’Ira che, a seguito dell’uscita del brano, accettò di deporre temporaneamente le armi e di attenersi a un “cessate il fuoco”.
“Nella tua testa, nella tua testa, stanno combattendo (In your head, in your head, they are fighting)/
Con i loro carri armati e le loro bombe (With their tanks, and their bombs)/E le loro bombe e le loro pistole (And their bombs, and their guns)/Nella tua testa, nella tua testa piangono (In your head, in your head they are crying)”.
Una canzone ancora tristemente attuale: a coglierne quest’aspetto e a condividerlo sui social è stata la celebre cantante Elisa che – nelle settimane successive allo scoppio della guerra in Ucraina – ha voluto reinterpretare il brano dei Cranberries, nel tentativo di lanciare un grido di aiuto in nome delle numerose vittime del conflitto.
Accompagnandosi con la chitarra, l’artista ha emozionato i suoi fans con la sua inconfondibile voce per diffondere un messaggio di pace tramite il suo profilo Instagram.
“Perché la nostra vita non è un punto di vista e non esiste bomba pacifista”, questi i versi scritti e cantati da Ermal Meta e Fabrizio Moro, che nel 2018 si sono aggiudicati con questo brano la vittoria al Festival di Sanremo.
Parole che rimangono impresse quelle dei due cantautori che si sono ispirati, per la stesura del brano, a una lettera scritta da Antoine Leiris che ha perso la moglie nell’attentato terroristico avvenuto a Parigi il 13 novembre 2015.
“Cadranno i grattaceli/E le metropolitane/I muri di contrasto alzati per il pane/Ma contro ogni terrore che ostacola il cammino/Il mondo si rialza/Col sorriso di un bambino”.
“Sono consapevole che tutto più non torna/La felicità volava/Come vola via una bolla”, è questa la conclusione del brano, che non lascia spazio ad alcun dubbio, se non alla consapevolezza della precarietà della condizione umana.
In un periodo di profonda difficoltà e incertezza come quello attuale non mancano gli artisti che, come l’amatissimo cantautore Vasco Rossi e il rapper di successo Marracash, hanno scelto di contribuire in modo concreto e di tendere una mano nei confronti degli ucraini, dando vita a una versione inedita de “La pioggia alla domenica”, una delle dieci tracce dell’ultimo album di Vasco, pubblicato lo scorso novembre. La collaborazione, annunciata solo poche settimane fa, ha l’obiettivo di offrire un aiuto ai bambini ucraini: i proventi del brano pubblicato lo scorso 24 marzo, infatti, saranno devoluti a “Save the children” per aiutare le vittime innocenti del conflitto.
Il singolo di grande successo dei Clash, intitolato “London calling” e risalente al 1979, è stato recentemente riscritto dai Beton, una band punk di origine ucraina che ha trasformato il titolo in “Kiev calling”, proprio in riferimento alla capitale dell’Ucraina colpita dai bombardamenti russi.
Si tratta di un appello alla resistenza ucraina: i membri del gruppo musicale, infatti, hanno voluto rivolgersi ai Paesi di tutto il mondo chiedendo loro di schierarsi con decisione contro l’invasore.
Il testo originale era stato scritto in riferimento ai conflitti sociali nel Regno Unito
e a un incidente nucleare che, avvenuto nel 1979 in Pennsylvania, viene ricordato come il più grave avvenuto in America.
Prima di usufruire del famoso brano della band anglosassone per diffondere nel mondo un messaggio di aiuto, il gruppo musicale ucraino avrebbe ricevuto l’autorizzazione da parte dei Clash.
Anche in questo caso il ricavato della vendita del nuovo singolo sarà finalizzato a offrire un aiuto concreto alle famiglie ucraine, infatti sarà devoluto al Free Ukraine Resistance Movement (FURM).
Foto di repertorio
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