AGRIGENTO – Alle prime luci dell’alba i carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo hanno avviato una massiccia operazione antimafia, con l’impiego di oltre 200 unità dell’Arma territoriale, dello Squadrone Cacciatori, dei nuclei cinofili ed elicotteri, eseguendo 35 provvedimenti giudiziari di cui 12 misure cautelari in carcere per il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso (416 bis).
L’accusa per gli indagati è quella di essersi avvalsi della forza di intimidazione del vincolo associativo e delle condizioni di assoggettamento ed omertà che ne derivano per commettere gravi delitti, acquisire la gestione o il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici e procurare voti eleggendo propri rappresentanti in occasione delle consultazioni elettorali.
Si tratta di un’attività investigativa condotta dal Reparto Operativo del Comando Provinciale carabinieri di Agrigento. Il G.I.P. ha emesso:
Nel corso delle perquisizioni sono inoltre stati sequestrati 70mila euro.
Teatro dell’indagine è stata Palma di Montechiaro. Di natura composita si è presentata la consorteria mafiosa di questo contesto, organizzata e federata sul modello delle formazioni stiddare (che proprio in Palma di Montechiaro ebbero uno dei centri di maggiore presa e propulsione), ma nella rinnovata veste dei vecchi paracchi (gruppi criminali antesignani della stessa Stidda), tra i quali è emerso quello dei Pace, intesi “Cucciuvì”.
Nel riscontrato assetto “societario” mafioso palmese sono rispuntati quegli uomini già collegati ai gruppi storici di Calafato e Benvenuto, attraverso il capo stipite Domenico Pace di 80 anni, con l’intero paracco, ormai solido, unitario e con sfere di competenza definite, forte, sia quantitativamente che qualitativamente, con una storia alle spalle che parte dalla seconda metà degli anni ’90, ora gestito autorevolmente da suo nipote Rosario Pace, 61 anni.
Giova ricordare che proprio il cugino di Rosario Pace, Domenico di 55 anni, si rese responsabile dell’efferato omicidio del Giudice Rosario Livatino, compiuto ad Agrigento il 21 settembre 1990, lungo la SS 640.
Nel corso dell’indagine, a Favara, ha assunto un ruolo cardine Giuseppe Blando di 57 anni, figura carismatica e contigua a Cosa Nostra, concreto ed efficace anello di raccordo tra Cosa Nostra palermitana e gli stiddari di Palma di Montechiaro, colpito da misura per la sua capacità di intermediare per grosse quantità di sostanza stupefacente del tipo cocaina, eroina e hashish, interagendo con i palermitani e i calabresi. Il soggetto in questione, già arrestato dall’Arma nel corso dell’operazione “Montagna” del gennaio 2018, è fratello del più noto Domenico, arrestato nel maggio del 1996 assieme alla moglie, entrambi favoreggiatori della latitanza di Giovanni Brusca fino al suo arresto ad Agrigento (occorso il 20 maggio 1996), per il cui conto avrebbe fatto da corriere con gli uomini della cosca di San Giuseppe Jato.
L’organizzazione mafiosa dei Pace, oltre a trarre sostentamento dalla droga, si è occupata di:
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