Rischia di avere conseguenze pesantissime per la Lazio la faccenda dei tamponi. I calciatori Leiva, Strakosha e Immobile dopo esser risultati positivi per il laboratorio Synlab dell’Uefa, il 26 ottobre prima di Bruges-Lazio, si sono successivamente sottoposti a controllo il 2 novembre prima di Zenit-Lazio. Immobile non giocò quelle due partite, ma nel mezzo la Lazio giocò contro il Torino, perché il laboratorio “Futura diagnostica” di Avellino, scelto da Lotito per il test in Italia e comunicato alla Lega di A, accertò che il centravanti era negativo. Lotito, non convinto, venerdì portava i suoi al Campus Biomedico a Roma, per effettuare ulteriori test, con l’intento di provare che l’Uefa si era sbagliata. Ma il Campus trovava i giocatori positivi al test rapido e al molecolare e informava le Asl di fermare i giocatori.
Dopo il blitz delle forze dell’ordine nel centro sportivo della Lazio a Formello e nel laboratorio di “Futura Diagnostica” di Avellino, sono dunque partite le due indagini della procura federale e di quella irpina sul comportamento della Lazio e del centro specialistico che ha controllato i tamponi di Immobile e compagni. Il presidente Lotito, che ha sempre negato la violazione del protocollo e difeso la scelta del centro di Avellino giustificandolo come abilitato dalla FIGC, è dunque nel mirino degli inquirenti e dei suoi stessi colleghi: tra questi anche Urbano Cairo, che potrebbe chiedere la vittoria a tavolino (per la recente gara persa con i romani) in caso di violazioni accertate del protocollo.
L’articolo 8 delle norme emanate dal Consiglio Federale dell’8 giugno stabilisce che: “la gravità della violazione è valutata in funzione del rischio per la salute dei calciatori, degli staff, degli arbitri e di tutti gli addetti ai lavori esposti al contagio da Covid-19, nonché dell’accertata volontà di alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione”.
La situazione della società di Lotito è molto delicata e in fase di studio, dal momento che non c’è ancora una giurisprudenza cui fare riferimento, né è possibile ricorre ad interpretazione analogica o prendere in esame altri casi per ipotizzare quale potrebbe essere l’eventuale epilogo.
Oltre alla contestazione della violazione delle misure di cautela prevenzionistica dettate dal protocollo sanitario e dalla normativa di cui ai Dpcm, su Lotito incombono conseguenze di natura penale, in ordine alla violazione dell’art. 55 co.1 in relazione con l’art. 29 del DLgs. N. 81/2008:
Articolo 29 – Modalità di effettuazione della valutazione dei rischi:
1. Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, nei casi di cui all’articolo 41.
2. Le attività di cui al comma 1 sono realizzate previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. […]
La pena edittale, alternativa, è dell’arresto da 3 a 6 mesi o dell’ammenda da 3.071,27 a 7.862,44 euro. Il responsabile sanitario, invece, sempre ai sensi del DLgs 81/2008 rischia l’arresto fino a due mesi o l’ammenda da 368,56 a 1.474,21 euro.
Il club sul piano della giustizia sportiva, invece, potrebbe essere escluso dal campionato, penalizzato o retrocesso nelle serie inferiori. In sede di indagini sarà necessario, ovviamente, accertare l’elemento soggettivo del reato, se vi sono, quindi, profili di dolo o colpa nella condotta del presidente Lotito.
In questa sede precisiamo che l’elemento soggettivo del reato consiste nella coscienza e volontà dell’azione od omissione e può assumere tre forme fondamentali: il dolo (secondo intenzione), la colpa (negligenza, imperizia o imprudenza) e la preterintenzione (oltre l’intenzione, ossia dolo misto a responsabilità obiettiva). Mentre il dolo prefigura la volontà nella realizzazione dell’evento naturale, la colpa consiste nella violazione delle regole di condotta; a riguardo, l’articolo 42 comma secondo del codice penale recita: “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge”
Spetterà alle Procure, pertanto, accertare la natura delle suddette condotte e se vi sono profili di colpevolezza.
Avvocato Alessandro Numini