La “Cavalleria Rusticana” apre gloriosamente la stagione musicale al Teatro Antico di Taormina

La “Cavalleria Rusticana” apre gloriosamente la stagione musicale al Teatro Antico di Taormina

TAORMINA – Ampiamente confermate le grandi aspettative per “Cavalleria Rusticana” di P. Mascagni, al Teatro Antico di Taormina l’1 agosto.

La rappresentazione infatti ha aperto la stagione musicale, proiettandola ad un livello alto di arte e di artisti, poiché tutti sono gli ingredienti che la riconoscono “diversa” dalla consuetudine più ovvia, innovativa in modo contenuto e nobile e tradizionale come il libretto e il testo musicale chiedono.

Di forte impatto giocano fin dalle prime battute la coreografia e la scena col suo gioco di luci, che nel loro articolarsi e fondersi, restituiscono insieme al coro adeguatamente distribuito sulla scena, l’idea coerente e forte della tragedia greca, che in fondo, nella sua essenza lo è.

Lo è perché i luoghi geografici ne posseggono la linfa vitale e passionale, lo è perché la cultura siciliana ne è intrisa fin nel suo codice genetico, lo è perché tutti gli artisti, siciliani, la contengono nel loro dna.

Complice irresistibile la cornice di notte stellata, il golfo di Giardini Naxos, e più di ogni altra cosa, esser lì, dopo aver temuto il peggio a motivo della non ancora passata pandemia.

Ma andiamo ai dettagli. Il Festival dei Teatri di Pietra, promosso da Alberto M. Munafò, conferma il suo pregio e marcia a vele spiegate verso porti in cui approda e vince: anche il sovrintendente, Antonino Marcellino, voga a tutta forza nel sostenere idee iniziative e connubi. Tra questi quello dei grandi corpi: coro lirico siciliano e l’Orchestra Sinfonica Siciliana. Il primo, diretto da Francesco Costa, energico e intenso, e che imprime ai suoi cantori una idea interpretativa che gioca tantissimo su sfumature di intensità, muovendo bene i suoi punti di forza individuati in alcuni elementi di eccellenza, cantanti che posseggano virtù canore non indifferenti e che vengono dal Maestro, sapientemente collocati e genialmente utilizzati.

La seconda, l’orchestra, che generalmente paga uno scotto più alto rispetto al coro, quando si esibisce all’aperto, ha eseguito le sue musiche all’insegna di una pulizia che nulla ha tolto alla alta e raffinata espressività che le situazioni recitate chiedevano di volta in volta, e ancor più quando duettando col coro nell’enfasi, e nel gioco crescendo – diminuendo, ne raggiungeva vertici elevatissimi. A Dirigere, la eloquente bacchetta di Lorenzo Trazzeri.

Dunque, la raffinata regia di Salvo Dolce, il sapiente gioco di luci, di e i due direttori, con le rispettive ensamble, hanno creato un contesto magico per cui anche i cantanti, hanno certamente tratto beneficio per una ispirazione più che intensa. Turiddo, Angelo Villari, esordisce con la sua potenza canora, incantando, Santuzza,- Elena Lo Forte che fu Santuzza ne il “Il Padrino parte III” di Francis Ford Coppola; bellissima e intensa, coinvolta in un ruolo di donna forte e tutt’altro che debole: una lottatrice che si gioca tutte le carte per il suo Turiddu; Lola, Leonora Sofia, leggiadra e lieve nel suo “Fior di giaggiolo”, come nel suo abitino rosso; Lucia, Maria Motta, severa e compenetrata nel suo presagio di lutto, e Alfio Alberto Mastromarino, che la critica sembra elevarlo al momento, al rango più alto, visti i successi al Metropolitan di New York, in realtà, nel rispetto di una impressionante interpretazione del ruolo, non sembrava essere tecnicamente in forma, così, la voce luminosa e piena, registrava una prestazione di vago rigore ritmico restituendo una performance diluita, allentata, priva di argini certi!

In ogni caso, onore a tutto il cast, che ha donato alla Sicilia, una Sicilia bellissima, a quanti ne hanno dimenticato il potenziale, che è profondo e multi stratificato.

Una cultura che trova le sue radici nel tempo e nella eterogenia delle afferenze antropologiche, le più belle.

Fonte foto: Wikipedia.it

Norma Viscusi