L’importanza dei due estremi parte prima: il riscaldamento sportivo

L’importanza dei due estremi parte prima: il riscaldamento sportivo

Nell’attività sportiva vi sono delle attività che atleti e squadre svolgono fuori dalla nostra vista e che sarebbe, invece, interessante seguire con attenzione perché molto dipende da loro: risultati della gara e diminuzione dei rischi di infortunio. La prima parte e l’ultima parte dell’allenamento e specie dell’attività di gara, assumono una grande importanza; come dire, ben cominciare e ben finire. I due estremi sono: riscaldamento e defaticamento.

È stridente la differenza che si nota nell’alto livello di alcuni sport e ciò che avviene normalmente, specie negli sport di squadra, nelle fasce giovanili. La superficialità che si nota in certi sport, contrasta con ciò che avviene, in altri sport, che vanno anche per la maggiore. Perché? È difficile compendiare in poco spazio, argomenti di così grande importanza, ma si può sempre provare a dare un volto generale ai due estremi dell’attività.

Il riscaldamento

Oggi affronteremo in modo semplice ma, spero, chiaro, il primo dei due estremi, il riscaldamento che, malgrado possa essere quasi scontato eseguire, all’inizio dell’allenamento o prima di una gara, in effetti così scontato non è. Non è certamente quello che a noi è concesso vedere; esso in genere si è svolto lontano dai nostri occhi, e quello che vediamo è solo una rifinitura o un richiamo di ciò che si è fatto prima. A questo punto, chi osserva ciò, crede che basti quel poco che vede, per credere che quello sia il riscaldamento. Si crede di sapere e poi si agisce spesso in modo superficiale o sconsiderato. Il riscaldamento, nella sua lunghezza, nella sua tipologia secondo il tipo di lavoro da affrontare, l’età e la maturità, dovrà essere il più possibile individualizzato, così come lo è (o dovrebbe essere) l’allenamento. 

È cosa normale notare nelle attività giovanili ed oltre nei campi da tennis, di calcio, di pallacanestro, vedere entrare in campo gli atleti e cominciare a giocare fra di loro, in pantaloncini e magari con temperature basse a anche fra fiocchi di neve, in attesa dell’arrivo dei tecnici per iniziare il lavoro. Ciò è sbagliato e pericoloso. Iniziare a freddo un qualsiasi lavoro, comporta un certo danneggiamento dello schema neuro-muscolare che con tanta fatica si è imparato (la tecnica); dal punto di vista muscolare potrebbe essere il momento in cui è facile mettere i presupposti per danni muscolari o tendinei. 

Ad essere ancora più pignoli, anche nelle giornate più calde, non è giusto entrare in pantaloncini e “a freddo”, iniziare a giocare fra di loro. Con questo caldo, non c’è bisogno di coprirsi”, dicono, ma non è così, perché se i muscoli potrebbero essere apparentemente caldi, non lo sono tutti le altre parti che vengono coinvolti nelle azioni motorie, specie le articolazioni che soffrono per gli input improvvisi. In sostanza, nulla deve essere effettuato a “freddo” perché si inizia un processo degenerativo fisico, ma anche tecnico, visto che l’apparato neuro-muscolare non essendo pronto, richiederà un impulso più forte del normale, per avere la stessa, o quasi, efficacia, scompaginando poco a poco lo schema motorio, influenzando la tecnica del gesto.

Da ciò si evince che nella realtà odierna, quando l’argomento si ritiene già chiaro, si tende a sottovalutare il problema, commettendo errori che potrebbero costare caro ai giovani atleti.

Da un buon riscaldamento dipende la buona riuscita della gara o di un lavoro di allenamento molto impegnativo. L’argomento viene spesso affrontato con leggerezza, anche da atleti maturi e dai tecnici. Eppure tutti siamo bravi nel capire che una macchina di formula 1, prima di effettuare una qualsiasi azione, deve portare tutte le sue componenti alle temperature ottimali di ogni sua parte.

Se si inizia un lavoro lento e di durata, basteranno pochi minuti per entrare in regime; il completamento avverrà in “itinere”, quando avverrà la “rottura del fiato, cioè quando gli apparati cardio-circolatorio e respiratorio, si saranno adeguati; in parole povere, quando i capillari si saranno aperti e potranno rifornire di sangue i muscoli ed organi impegnati. Ogni variazione di intensità, prima di allora, potrebbe essere deleterio.

Diventa pericoloso quando si inizia un’attività più impegnativa senza adeguata preparazione: il muscolo tende ad indurirsi, aumentando il proprio volume per accumulo di scorie, ciò comprime i vasi con ulteriore impedimento di afflusso sanguigno, costrizione delle terminazioni nervose, sensazione di dolore ed impedimento a proseguire il lavoro.

Il riscaldamento ha lo scopo, di preparare l’organismo (cuore, muscoli, articolazioni etc.) e la mente (sfera psichica e sistema nervoso) ad effettuare, senza rischio di accidenti muscolari o articolari, gli esercizi ben determinati che costituiscono le azioni tecniche per le quali un atleta si allena. Nel caso di un esercizio intenso, senza un appropriato riscaldamento, si può inoltre causare, danneggiamento, più o meno grave, alle fibre muscolari (contrattura, distrazione, strappo, rottura); per il resto, ritengo più pericoloso l’accumulo di microtraumi (male silente) che quando si evidenzieranno, sarà troppo tardi.

Nelle grandi manifestazioni è normale notare che gli atleti stanno coperti, durante la fase di riscaldamento. La durata e l’impegno del riscaldamento, deve essere adeguata all’età, al livello di preparazione dell’atleta e al tipo di sport, bisogna che tutto l’organismo venga messo in allarme per il tipo di sollecitazione che esso dovrà affrontare. Né si può pensare di andare a fare un impegno intenso solo con una serie di massaggi o elettrostimolazioni. Il riscaldamento deve coinvolgere tutte le parti che debbono essere messe in azione per l’allenamento o la gara. È certo che nella gara questo dovrà essere più minuzioso e mirato. 

Il riscaldamento pre-allenamento, quando il lavoro successivo non è molto impegnativo, può limitarsi quasi esclusivamente alla parte generale, cioè solo a dell’attività (da pochissimi minuti a 30′ e più, a seconda della specialità), seguita da esercizi di scioltezza ed altri che richiamano la specialità. In tal caso, nelle prime prove della parte applicativa dell’allenamento, l’atleta si sentirà ancora poco “fluido” e con sensazioni di fatica; man mano che il lavoro proseguirà, egli si sentirà più sciolto e più pronto (malgrado l’eventuale accumulo di acido lattico). Ciò è dovuto al fatto che, anche se i capillari sono aperti, il riscaldamento non è completo e l’organismo non è pronto; mancando infatti della parte specifica (ritmi o esercitazioni tecniche della specialità), le prime prove dell’allenamento servono a completare il riscaldamento stesso.

Per un atleta maturo, bisogna che, dopo una prima parte di attività svolta a crescente intensità, a circa metà del periodo di riscaldamento, o pochissimo oltre, cioè dopo aver completato la parte generale, vengano inseriti degli stimoli o esercitazioni che preludano all’attività di gara. Questi debbono essere effettuati ad una certa distanza dalla gara, in modo tale che si possano recuperare energie spese e mantenere una certa reattività. Fra questi e la gara, egli farà delle esercitazioni di richiamo. Gli effetti del riscaldamento permangono per un certo periodo di tempo, estinguendosi poco a poco.

Nelle attività a squadre dove una certa attivazione del riscaldamento, effettuato assieme agli altri, il lavoro dovrebbe essere completato anche in modo individuale, se necessario. In attesa della probabile entrata in gara, basteranno pochi minuti per riattivare i sistemi. Il riscaldamento nei giovani che si dedicano agli sport di squadra, è quasi sempre collettiva, passando negli anni, ad un collettivo generalizzato, ad uno collettivo generale, ad un riscaldamento che, pur essendo collettivo avrà sempre delle varianti individuali. Francamente mi sembra puerile che atleti di altissimo livello facciano il riscaldamento sotto la direzione del preparatore, come fossero ragazzini. Il preparatore ha già da tempo impostato lo schema generale ed egli dovrebbe limitarsi ad osservare e suggerire.

A cura di Alfio Cazzetta