Cos’è la violenza ostetrica e come è possibile difendersi

Cos’è la violenza ostetrica e come è possibile difendersi

ITALIA – La maternità per le donne è uno dei momenti più delicati della vita propria, che va affrontata in tranquillità e con le giuste cure e accorgimenti. Le madri in questo periodo oltre che dalla famiglia vengono affiancate da medici, infermieri e specialisti.

L’Italia sembra assistere bene le donne che affrontano levento, infatti, è tra i paesi con un tasso di mortalità e di morbilità materna e neonatale tra i più bassi d’Europa. Ma si registrano comunque una serie di pratiche che fanno parlare di un eccesso di medicalizzazione, come il numero elevato di cesarei a cui le donne sono sottoposte.

Da poco tempo si tratta il tema di violenza ostetrica, che mette in guardia le madri da tecniche e procedure attuate, che potrebbero mettere a repentaglio la salute fisica e psichica della donna o il legame con il bambino.

È costituita – la violenza ostetrica – da un insieme di comportamenti che hanno a che fare con la salute riproduttiva e sessuale delle donne, declinata sia nella scelta della maternità, che all’opposto nel suo rifiuto. Si parla di abuso fisico diretto e verbale, procedure mediche coercitive o non acconsentite – inclusa la sterilizzazione -, mancanza di riservatezza, carenza di un consenso realmente informato, rifiuto di offrire un’adeguata terapia per il dolore, gravi violazioni della privacy, rifiuto di ricezione nelle strutture ospedaliere, trascuratezza nell’assistenza al parto con complicazioni altrimenti evitabili che mettono in pericolo la vita della donna.

Non c’è una legge che tutela le donne a riguardo, ma nel caso in cui questi comportamenti si verificano è necessario segnalarli e denunciarli.

Le Raccomandazioni del’OMS per assistenza al travaglio, al parto e al post-partum

Le Raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in questo ambito risalgono al 1985 e riguardano proprio le modalità di assistenza al travaglio, al parto e al post-partum. Molte strutture sanitarie ignorano però queste indicazioni. Secondo l’Oms, in assenza di una precisa prescrizione medica, sono da evitare i seguenti comportamenti:

  • il clistere;
  • la depilazione;
  • la rottura delle membrane;
  • la posizione obbligata durante travaglio e parto;
  • il digiuno e il divieto di bere;
  • l’episiotomia;
  • le spinte sulla pancia (manovra di Kristeller);
  • il taglio precoce del cordone e la separazione della madre e del neonato dopo il parto.

Sono tante dunque le procedure all’interno di una sala parto che possono far parte della macro area della violenza ostetrica.

Come difendersi?

È possibile difendersi da questo tipo di violenza, innanzitutto, conoscendo l’argomento e segnalando i comportamenti non corretti. Inoltre, sul portale Uppa, viene specificato che le persone hanno infatti il diritto a essere informate sul tipo di trattamento a cui vengono sottoposte, mentre gli operatori sanitari hanno l’obbligo di essere trasparenti sulle procedure attuate. Le donne che affrontano il parto, infatti, possono chiedere chiarimenti per quanto riguarda i farmaci e le cure; rifiutarsi di fare l’episiotomia; richiedere di assumere la posizione per loro migliore durante il parto; scegliere quando tagliare il cordone ombelicale.

Foto di repertorio