Rinvenimento di un telefono cellulare: furto o ricettazione?

Rinvenimento di un telefono cellulare: furto o ricettazione?

Chi trova un oggetto smarrito non può appropriarsene.

È possibile infatti ritrovarsi nella situazione in cui un oggetto viene volontariamente abbandonato dal proprietario, nel qual caso chiunque può impossessarsene divenendone così proprietario o, per contro, una situazione in cui l’oggetto risulta semplicemente disperso. In quest’ultimo caso, non sussiste alcuna intenzione, da parte del titolare, di spogliarsi del diritto di proprietà sul bene.

Invero il Codice civile stabilisce una precisa procedura a carico di chi rinviene una cosa smarrita: questi ha l’obbligo di portarla all’ufficio “oggetti smarriti” del Comune e, a quel punto, verrà pubblicato sull’albo comunale la notizia del relativo ritrovamento e se nessuno, entro un anno, lo reclama, il ritrovatore ne diventa proprietario.

Anche per lo smartphone valgono le stesse regole.

Chi trova un cellulare abbandonato su un tavolo o su una panchina non può diventarne proprietario, anzi deve usare l’ordinaria diligenza per rintracciare il legittimo titolare, ad esempio dall’archivio delle ultime telefonate o dalla rubrica telefonica.

Occorre peraltro considerare che gli smartphone di ultima generazione sono datati di un numero IMEI, appositamente creato per poter rintracciare il cellulare telematicamente tramite aree di copertura. Di conseguenza, anche qualora il ritrovatore non sia guidato da un lodevole senso civico occorre ponderare con attenzione l’idea di trattenere con sé lo smartphone rinvenuto, poiché il proprietario potrebbe procedere attraverso una accusa di furto – ex art 624 c.p. – qualora riuscisse a rintracciare l’oggetto di sua proprietà; in tale caso graverà sul ritrovatore provare la mancanza della volontà di furto, dimostrando di averlo semplicemente rinvenuto per strada.

É importante altresì tenere in debito conto che, oltre al reato di furto, esiste anche quello di ricettazione – ex art. 648 c.p. – che si consuma quando si trattengano cose provenienti da un delitto commesso da altri: in questo caso, si deve ipotizzare che il telefono cellulare sia stato smarrito non dal legittimo proprietario, ma dal ladro in seguito al furto.

Come noto, l’art. 648 c.p., nel delineare la fattispecie di ricettazione, punisce la condotta di “chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare”. Risulta evidente, dalla formulazione legislativa, che il presupposto affinché possa configurarsi il reato di ricettazione è la provenienza, della cosa che ne costituisce oggetto materiale, da un precedente delitto.

Nell’ambito dei cosiddetti reati-presupposto può evidentemente rientrare qualsiasi delitto, sia di natura delittuosa che di natura colposa, tra cui certamente anche il furto di cui all’art. 624 c.p., nonché – fino a quando è esistita nel sistema penale – anche l’appropriazione di cose smarrite di cui all’art. 647 c.p.

Ciò che occorre verificare specificamente è quale reato che si realizzi con l’impossessamento da parte di un soggetto di beni che egli abbia ritrovato e di cui il proprietario abbia perso il materiale possesso o comunque il potere di fatto, al fine di verificare se si tratti di un’ipotesi riconducibile al reato di furto oppure all’abrogato delitto di appropriazione di cose smarrite.

È indirizzo pacifico nella giurisprudenza sia antecedente sia successiva alla depenalizzazione dell’art. 647 c.p. quello per cui “ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 647 c.p., cosa smarrita è quella rispetto alla quale il possessore non ha di fatto alcun rapporto o potere materiale e psicologico” (Cass. Pen., Sez. II, 17 marzo 2004, n. 12922). Laddove pertanto questo rapporto permanga, pur a fronte della “distanza” tra il bene e il suo proprietario, si configurerà il reato di furto ex art. 624 c.p.

Ne discende che, qualora i beni siano successivamente ed ulteriormente messi in circolazione da chi se ne è impossessato, ricorrendone tutti gli altri presupposti, anche – evidentemente – sul piano soggettivo, risulterà integrata la fattispecie di ricettazione ai sensi dell’art. 648 c.p.

Alla luce di quanto esposto appare evidente come appropriarsi di un telefono smarrito non è una cosa da poco.

La questione potrebbe complicarsi qualora colui che ha raccolto il telefono smarrito viene rintracciato dalle forze dell’ordine in seguito ad una denuncia per furto da parte del legittimo proprietario. Infatti in questo caso sarebbe molto difficile – quasi impossibile – provare che il telefono è stato trovato casualmente e che non sia stato invece sottratto al proprietario con l’inganno. Considerevole attenzione occorre prestare anche all’acquisto di un telefono probabilmente rubato che potrebbe veicolare con sé conseguenze sanzionatorie di non poco conto.

Infatti, chi è consapevole che lo smartphone è stato rubato ma sceglie comunque di acquistarlo -magari ad un prezzo molto conveniente -, incorrerà nel più grave reato di ricettazione, ex articolo 648 del Codice penale, rischiando “la reclusione da due ad otto anni e la multa da cinquecentosedici euro a diecimilatrecentoventinove euro”.