La lotta alle malattie durante la pandemia

La lotta alle malattie durante la pandemia

ITALIA –  Numerosi studi statistici dimostrano come l’attività fisica, oltre a migliorare il benessere psicofisico e la qualità della vita, possa ridurre i rischi legati all’incidenza di diverse patologie non trasmissibili, quali il diabete mellito di tipo 2, le malattie cardiovascolari, l’ictus, alcuni tipi di tumore, oltre alla mortalità prematura, con un beneficio stimato in alcuni casi tra il 50 e il 68%. Per il tumore del colon e del diabete si parla di un 30-50% di riduzione del rischio, per il tumore alla mammella del 20% e per patologie cardiocircolatorie si va dal 20 al 35%.

In Europa, l’inattività fisica è ritenuta responsabile ogni anno di 1 milione di decessi (il 10% circa del totale) e di 8,3 milioni di anni di vita persi a causa della disabilità. A livello mondiale, invece, l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha stimato che il 25% degli adulti non è sufficientemente attivo e l’80% degli adolescenti non raggiunge i livelli raccomandati di attività fisica.

In Italia, invece, stando ai dati Istat, oltre una persona su tre (oltre 20 milioni) ha dichiarato di praticare sport nel tempo libero, ma ben 23,1 milioni (quasi il 40%) sono totalmente inattivi: un Paese che continua inesorabilmente a invecchiare.

Questo quadro è stato ulteriormente aggravato dalla pandemia, che presto ci ha ricordato che la tutela della salute è un sistema dall’equilibrio fragile, che va curato e alimentato con costanza, non solo in situazioni di emergenza. L’arrivo, nell’arco di pochi mesi, non di uno ma di molti vaccini efficaci ha dimostrato che una reazione globale efficace è possibile, anche in una situazione estremamente complessa. Occorrono però ingredienti speciali: una comunità scientifica che condivide le conoscenze con rapidità e su scala mondiale. Serve la capacità e la volontà di informare i cittadini-pazienti, che hanno diritto di sapere con chiarezza cosa accade, di avere gli strumenti necessari per tutelare se stessi e le loro famiglie. Serve infine un investimento in ricerca adeguato, sistematico, lungimirante.

Lo scoppio della pandemia da Covid-19 ha modificato drasticamente il nostro stile di vita. Basti pensare all’assenza di sport e di attività fisica, che sta influendo negativamente su forma fisica e salute mentale. La chiusura di palestre, campi da calcio, piscine, parchi, centri di danza e fitness, di fatto, sta impedendo a molti di dedicarsi alle abituali attività sportive o fisiche, individuali o di gruppo, al di fuori delle proprie case.

Le conseguenze, secondo una ricerca delle Nazioni Unite dello scorso mese, sono diverse: PIGRIZIA, si tende a essere meno attivi fisicamente, STANCHEZZA, il sonno diventa irregolare, DISTURBI, non si segue un’alimentazione corretta e bilanciata. Tutto ciò porta a un aumento di peso e a una perdita di forma fisica.

In un contesto di pandemia, senza una regolare routine sportiva, la salute fisica e la salute mentale vengono messe continuamente a dura prova: il sistema immunitario ha meno difese, insorgono disturbi e patologie correlate allo stile di vita sedentario, che possono anche cronicizzarsi.

Per non parlare degli impatti dell’assenza di sport sulla salute mentale, che possono aggravare lo stress o l’ansia che molti sperimenteranno di fronte all’isolamento dalla normale vita sociale, alle preoccupazioni economiche, alle difficoltà da affrontare e all’idea di ammalarsi o che il virus colpisca un famigliare. Uno stato apprensivo, quello provocato dallo stato di emergenza, che spesso trova sfogo benefico in una nuotata, una corsa, in una lezione di spinning, ora negate.

A soffrire di questa condizione di clausura senza sport dettata dalla pandemia sono soprattutto i giovani, che solitamente trovano nelle attività fuori casa una forma di socialità e condivisione tra coetanei.

Il corretto e costante esercizio fisico anche a casa, a tutte le età e soprattutto negli anziani, è uno scudo in più contro Sars-CoV-2. Evitare la perdita di tessuto muscolare connessa con l’invecchiamento riduce il rischio di conseguenze gravi dell’eventuale infezione, perché una buona massa muscolare favorisce una corretta risposta immunitaria. Avere muscoli in salute accelera anche il processo di guarigione e recupero, contrastando i principali sintomi della sindrome post Covid-19 che, stando a una ricerca condotta da geriatri del Day Hospital post-Covid della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – Università Cattolica campus di Roma, comporta stanchezza o affanno nell’87% dei pazienti che ne sono colpiti e che lamentano malessere persistente anche a distanza di settimane dalla risoluzione dell’infezione.

L’esercizio fisico è perciò un vero ‘farmaco salvavita’ sia per ridurre il rischio di ammalarsi, sia per superare al meglio la malattia in caso di contagio, tornando più rapidamente e meglio alla normalità.

L’auspicio è che i tecnici del CTS (Comitato tecnico scientifico) possano trovare presto soluzioni per la ripresa delle attività sportive in piena sicurezza. Nell’attesa che ciò sia possibile, con l’estate alle porte potrebbero essere riaperti i parchi, le dimore storiche e le ville pubbliche per consentire l’attività fisica e sportiva a bambini e ragazzi. Con il supporto del terzo settore, delle associazioni sportive, di educatori e di esperti in scienze motorie si potrebbero coniugare attività educative, di socializzazione e sportive.

Nel frattempo palestre e piscine resteranno chiuse fino al 30 aprile, ovvero quando scadrà lo stato di emergenza nazionale prolungato dal precedente Governo. A quel punto si dovrà decidere se prolungarlo ulteriormente e continuare con la legiferazione tramite DPCM.

Avvocato Alessandro Numini