Chat, email e videochiamate di lavoro: il diritto alla disconnessione del dipendente

Chat, email e videochiamate di lavoro: il diritto alla disconnessione del dipendente

Chi di noi non lavora a stretto contatto con la tecnologia? Chat, email e social fanno ormai parte integrante del nostro lavoro. Si pensi all’uso che ne fanno i giornalisti per divulgare informazione, o gli ingegneri per la progettazione di edifici o ponti o gli stessi avvocati, che si stanno dirigendo sempre più verso la strada del processo esclusivamente telematico. Gli stessi dipendenti d’azienda o il personale della Pubblica Amministrazione trascorrono ore ed ore davanti al computer.

Tale situazione si è acuita con l’emergenza Covid, che ha costretto la gran parte dei lavoratori a svolgere le proprie mansioni da casa col rischio di dedicare alle email e alle videochiamate di lavoro più tempo di quanto pattuito contrattualmente.

Ma esiste un diritto alla disconnessione del lavoratore? Un diritto a rendersi irreperibili al di fuori dell’orario di lavoro senza subire ripercussioni da parte del datore?

Il diritto alla disconnessione in Italia

La legge sul lavoro agile (n. 81/2017) stabilisce che il lavoratore è tendenzialmente libero di stabilire autonomamente i propri tempi di lavoro, purché rispetti un monte ore settimanale. Superato questo limite, però, anche il lavoratore agile ha diritto a staccare la spina.

Anche la contrattazione collettiva nazionale ne fa menzione, quando si riferisce all’uso di cellulari, computer e tablet per motivi di lavoro. Al fine di consentire una conciliazione tra vita lavorativa e vita privata e familiare, il datore non può, cioè, chiamare i propri dipendenti o inviare loro email al di fuori degli orari di lavoro.

A prescindere dal dato normativo, si tratta di una buona regola sociale. Anche perché il dipendente che dovesse restare reperibile in qualsivoglia momento della giornata, spesso per paura di ritorsioni da parte del datore, avrebbe diritto ad una remunerazione maggiore per il tempo straordinario dedicato.

Il diritto alla disconnessione in Europa

Per garantire maggiore tutela a chi opera in smart working, forma di lavoro – si rammenta – ancora più diffusa dopo l’emergenza Covid, il Parlamento europeo ha sollecitato la Commissione ad intervenire con una normativa ad hoc. 

L’iniziativa legislativa del Parlamento è stata approvata con 472 voti favorevoli, 126 contrari e 83 astensioni. La legge non solo consentirebbe ai lavoratori digitali di disconnettersi al di fuori degli orari di lavoro, ma individuerebbe anche i requisiti minimi per il telelavoro, indicando altresì il monte ore settimanale ed i periodi di riposo.

Secondo alcuni recenti studi di Eurofund, infatti, i lavoratori digitali rischiano di superare la soglia massima di 48 ore settimanali a differenza dei colleghi che lavorano in ufficio. Quasi il 30% dei telelavoratori ha, inoltre, dichiarato di lavorare anche nel tempo libero tutti i giorni o quasi, a fronte del 5% dei lavoratori non in smart working.

Ciò ha comportato l’aumento di casi di stress, ansia e depressione. Per tali ragioni il Parlamento europeo si è attivato per garantire che il diritto alla disconnessione digitale venga riconosciuto quale diritto fondamentale del lavoratore. 

I Paesi Ue, a loro volta, dovranno adottare le misure necessarie per consentire ai lavoratori di esercitare questo diritto. Così da tutelarli da qualunque critica o ritorsione ingiustificata da parte del datore, compreso il licenziamento.

Foto di StartupStockPhotos da Pixabay