ITALIA – “E questo è il fiore del partigiano morto per la libertà“. Si tratta di uno dei versi più iconici e conosciuti di “Bella Ciao“, il famoso canto della Resistenza divenuto nel corso del tempo simbolo del nostro Paese, anche al di fuori dei nostri confini.
Il “fiore” del partigiano, come molti sapranno, è il papavero, inconfondibile per la sua colorazione rossa sgargiante.
Ma perché proprio il papavero rosso viene collegato alla Resistenza militare e politica italiana al termine della Seconda Guerra Mondiale e alla Festa della Liberazione dal nazifascismo? Scopriamolo insieme.
Il papavero è un fiore spontaneo, che cresce “liberamente” nei campi e nei terreni incolti. Possiamo trovare papaveri anche sui bordi delle strade, accanto alla linee delle ferrovie o tra le rocce delle montagne.
È un fiore “tenace”, dunque, che si svela dove altro tipo di vegetazione non riuscirebbe a emergere. Secondo una leggenda, il condottiero asiatico Gengis Khan teneva in tasca semi di papavero che spargeva sui campi di battaglia per onorare i morti degli scontri.
I papaveri sarebbero stati i primi fiori a spuntare in Europa sui cambi di battaglia dopo la Prima Guerra Mondiale. Inoltre, nel Regno Unito, vi è l’usanza di indossare piccoli papaveri artificiali in occasione del Remembrance Day, l’11 novembre, giorno in cui l’intero Commonwealth ricorda la fine della Prima Guerra Mondiale e i suoi caduti.
Per similitudine, in “Bella Ciao” il papavero viene associato al soldato “morto per la libertà” del Paese. Nel contempo, il papavero rappresenta la rinascita e la speranza di una vita migliore.
Il papavero viene menzionato anche nella canzone “La Guerra di Piero” di Fabrizio De André, composta per condannare tutti i conflitti e ricordare, appunto, chi è caduto in guerra.
“Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall’ombra dei fossi
ma son mille papaveri rossi…”
Fonte foto: Pixabay – PeterDargatz
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