Cultura

“Domani, domani” di Francesca Giannone

A voler stilare una classifica parallela a quelle ufficiali, il nuovo romanzo di Francesca Giannone dovrebbe corrispondere al libro più letto dell’estate 2024. Reduce dal recente successo editoriale del suo primo romanzo “La portalettere” edito da Casa Editrice Nord, Premio Bancarella 2023, la scrittrice leccese torna in libreria con il romanzoDomani, domani” rimanendo fedele alla casa editrice che ha pubblicato la sua prima opera.

È forse un po’ arduo definire “storico” un romanzo ambientato negli anni ’50 dello scorso secolo, dato che il balcone sociale dal quale si affacciano gli anni del dopoguerra è protagonista della storia che andiamo a conoscere.

1959. In un paese immaginario del Salento, Araglie, costruito dalla mente innamorata della sua terra, Lorenzo e Agnese vivono e lavorano nell’azienda di famiglia “Casa Rizzo”, un saponificio fondato da nonno Renato. La corsa vigorosa degli anni ha pilotato l’ingegno nella gestione della fabbrica verso la terza generazione.

Fin da bambini, quell’aroma li aveva preceduti. Marchiati. – Si sente odore di talco: arrivano i fratelli Rizzo!” scherzavano i compagni di scuola”. Non appena finirete la scuola dell’obbligo, vi voglio a lavorare al saponificio, dalla mattina alla sera. Nel frattempo, imparerete. Verrete qui tutti i pomeriggi, nessuno escluso, ci siamo intesi?“.

La passione per quel lavoro non ha però avuto accesso nel cuore di Giuseppe, il padre di Lorenzo e Agnese e, stanco di rimandare i suoi sogni condannati alla volubilità del tempo, vende la fabbrica avuta in eredità dal padre e con essa anche il futuro dei due ragazzi.

Lorenzo rimase a fissare suo padre, con uno sguardo carico d’odio. Quelle quattro parole – Ho venduto la fabbrica – gli avevano strappato via il cuore“.

Da un giorno all’altro il ricordo di un tempo condiviso, quel “domani” apparecchiato con tutto il necessario per condurre una vita agiata viene cancellato dal calendario in cambio di un sogno.

L’ombra del domani incerto si avvicina a passi lenti dispensando schegge di ricordi accatastati nell’anima dei due ragazzi. Ogni sera il profumo decantato sui vestiti dopo lunghe ore di lavoro in fabbrica sembra non aver voglia di appannare il “domani” scagliato nel nulla da una decisione malsana.

L’unicità di quel manto odoroso non si sarebbe lasciata trasportare dal vento contrario agli anni ancora nel grembo della natura. Quei profumi messaggeri d’amore, l’intensa passione del nonno per la moglie Marianna, sua musa ispiratrice delle dolcissime essenze alle quali spesso dava il suo nome. Nacque così la saponetta “Marianne”, un dono di un uomo innamorato della sua donna da dedicarle il simbolo del profumato lindore.

Per Lorenzo e Agnese il lavoro e il gioco si confondevano nei modi e nei tempi a loro riservati, quella consuetudine era “casa” e sotto quel tetto riposava la vita quieta.

Intanto nell’Italia risorta dalla guerra si preparava a bussare il benessere economico che da lì a poco sarebbe esploso in ogni strato della società affamata di odori e sapori: quale “domani” avrebbe bussato alla porta dei due fratelli legatissimi un tempo e adesso divisi dallo scontro di due scelte nemiche tra loro?

Con quella fermezza che non ammette soluzioni alternative Lorenzo decide di riprendersi la fabbrica “a qualunque costo” perché questo è quanto gli suggerisce l’istinto arrabbiato col mondo.

Non vivere una vita che non ti appartiene, perché prima o poi ti presenterà il conto. E lo pagherai in infelicità“.

Agnese invece sceglie di arrendersi al nuovo status alle dipendenze dell’uomo che ha comprato la fabbrica, non più sua secondo la legge ma che comunque lei considera ancora “casa”. La ragazza sente casa il letargo di un’anima immobile nel suo nido. “Io resto dov’è casa mia“.

Quali perle musicali del secolo avvolto in un mangianastri tra le pagine del romanzo, la storia concede memoria agli indimenticabili versi di “Io che amo solo te” di Sergio Endrigo, “Nel blu dipinto di blu” del grande Domenico Modugno.

L’amarezza di una storia familiare precipitata nell’incomprensione a causa di una crepa prematura distrugge anni di sacrifici e ne chiede altrettanti prima di chiudere il cerchio abusato di dolore. Il momento del bivio si presenta puntuale attorno al tavolo in cui l’affetto è stato prelibata pietanza condivisa in armonia.

Spesso le scelte indossano scarpe di diversa fattura, uno stato chiaramente imputabile alle intenzioni dei passi. Ad ogni trasloco del corpo il futuro di un uomo si realizza prima ancora che una folla di candeline sia la causa di un incendio (e flagello) di uno sprecato adesso.

Due “domani” corrono dietro due ieri, due cieli in competizione con l’età fragile che ha nascosto sotto il filtro dell’innocenza un futuro “ad tempus”.

Credit Google/Ibs

Sara D'Angelo

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Sara D'Angelo
Tags: Sara D'Angelo rubrica culturale Un libro a settimana

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