L’Unione Europea chiede che gli smartphone e i tablet dei prossimi anni abbiano l’USB Type-C come connettore unico per la ricarica. Il motivo? Frenare l’accumulo di rifiuti di apparecchiature elettroniche (i cosiddetti e-waste), dato che “solo” in Europa ogni anno vengono importati oltre 500 milioni di caricabatterie.
Apple però non pare essere d’accordo. In una lettera inviata alla Commissione UE dichiara apertamente che la scelta di utilizzare un connettore unico creerà problemi e frenerà l’innovazione. Nel testo si legge: “Esortiamo i politici europei a rivedere la norma in parte o interamente per evitare conseguenze negative” e aggiunge che non vede l’ora di contribuire alla ricerca per trovare una terza alternativa al Lightning (il connettore proprietario Apple) e all’USB Type-C.
Secondo Apple l’attuale regolamentazione “danneggerà i consumatori europei rallentando l’innovazione negli standard di ricarica, compresi quelli relativi alla sicurezza e all’efficienza energetica. Ridurrà la scelta dei consumatori rimuovendo dal mercato modelli più vecchi a prezzi accessibili e aumenterà l’e-waste innescando lo smaltimento di cavi e accessori esistenti”.
Si apprende inoltre che, a partire da maggio 2021, la norma “limita” la potenza a 240 W, mentre precedentemente il limite era fissato a 100 W. Secondo Apple non si può vincolare uno standard a una legge; eppure, sembra strano sentirlo dire proprio da Apple il cui connettore, ancora utilizzato negli iPhone 13 e in produzione dal 2012, frena abbondantemente l’erogazione di potenza (molti caricabatterie per iPhone raggiungono a malapena i 20 W).
Infine, sempre a parere di Cupertino, il regolamento impone il rispetto di “alcuni” standard USB e non di tutti. “L’assenza d’indicazioni precise sulla forma di cavi e caricabatterie può portare a una perdita d’interoperabilità” si legge nel testo accusatorio dell’azienda a stelle e strisce.
Da quanto visto scaturisce, quindi, la richiesta di applicare il regolamento soltanto agli ultimi modelli e non retroattivamente, fornendo almeno 2 anni per adattarsi. Richiesta sensata? Sì, no? O un semplice capriccio di una multinazionale che non vuole piegarsi a un ente sovranazionale quale l’UE?