CATANIA – Ieri sera la prima di Turandot ha aperto la stagione lirica. Un evento che ben promette, laddove per “ben”, si intende l’attesa di livelli che appartengono ormai alla categoria delle eccellenze. Una di quelle serate che ricordi perché è tutta perfetta. La perfezione è un’emozione globale, che si compone di innumerevoli parti, che sapientemente dosate ne conferiscono l’equilibrio totale, e l’ equilibrio è dato anche dall’imprevisto, dal non calcolato, forse anche da qualche imperfezione, che nobilita il divenire dell’uomo e dell’arte, che mai si sazia e sempre tende al di più.
Turandot, regina indiscussa alla sua prima
Da una postazione diversa stavolta, rispetto alla platea, nel palco n.1 del terzo girone, godo uno spettacolo perfetto nella comprensione delle componenti tutte che lo hanno permesso. Lo sguardo irresistibilmente magico del golfo mistico, e dei suoi orchestrali, che provano prima dell’inizio e la visione complessiva di scene, costumi, azioni sceniche e tanta umanità. Ognuno ha dato la sua parte migliore, lasciandosi trascinare da una regia, quella di Alfonso Signorini, che ben ha saputo intendere quell’incalzare del testo pucciniano, di una storia così originale, feroce e terribile, nel grande catalogo del dolore e della sofferenza, delle sue ragioni e delle sue catarsi.
Tra i nomi, nessuno escluso, che vanno menzionati perché in scena hanno dato saggio di bravura tecnica, interpretativa, di altissima professionalità, che alla fine non può essere scissa da un modo proprio di essere come persona, (ogni personaggio interpretato, non può non lasciare dentro l’artista, parte di sé, né l’artista è disincarnato e vive in un mondo felice! Siamo uomini! E la vita è maestra che insegna e anch’essa va sulla scena insieme al personaggio che si interpreta!), oltre alla superba Daniela Schillaci, Turandot, e il suo Amato Calaf, Angelo Villari, senza far torto agli altri, ci pare di dover menzionare una splendida Liù, Elisa Balbo: travolgente nel pathos, con una voce timbricamente drammatica e potente, con un tecnica che gestisce con estrema duttilità, tutte le espressioni utili al ruolo.
L’opera di Puccini trionfa al Teatro Massimo
Innumerevoli le maestranze, tra cui i costumisti, che dietro le quinte vanno lodate: per ogni ciocca di capelli acconciata e per ogni abito o trucco, per ogni abito disegnato e cucito. Un coro, potente e vibrante, guidato dal Maestro Luigi Petrozziello (che al suo interno conteneva anche un coro di voci bianche), saputo bilanciare magnificamente con l’alternanza o l’insieme o il tutti.
Una menzione speciale, mi si lasci dire, alla meravigliosa orchestra, ieri sera diretta dal Maestro Ekehard Stier, perfettamente!
Catania deve andarne fiera, poiché i suoi musicisti sono bravissimi, capaci di adeguarsi ad ogni nuova bacchetta e dare il massimo della resa. E ieri sera, si è celebrato un evento che pone il Teatro Massimo Bellini di Catania, in vetta tra i teatri più prestigiosi.
Un impasto perfetto di suoni e armonie, ha dato gioia all’ascolto senza dar tregua. E il competente pubblico ne ha consapevolezza e accompagna con affetto e veemenza i suoi movimenti, con fragorosi applausi e riprendendo con più regolarità a ed eleganza nella mise ( ieri sera le toilette hanno rivisto un incremento di smoking, decolleté ed abiti da sera), ad accompagnare Sua Maestà la Musica, nel suo tempio e con i suoi sacerdoti.
Articolo redatto in collaborazione con Norma Viscusi